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Censis: giovani artigiani solo per passione o necessità

07 maggio 2014 | 18.17
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Censis: giovani artigiani solo per passione o necessità

Roma, 7 mag. (Labitalia) - Un lavoro artigiano nel futuro dei giovani? Sì, ma non per tutti. Al primo trimestre del 2014 erano previste 121mila nuove assunzioni da parte delle aziende, ma in più di 16mila casi (il 13,5%) si tratta di figure di difficile reperimento. Tra queste, numerose sono le figure artigiane. Oggi solo il 12% dei giovani italiani tra 16 e 18 anni manifesta un interesse concreto per un lavoro artigiano. Un altro 19% lo considera un lavoro come un altro. Il 31% lo farebbe solo nell'eventualità di non riuscire a trovare un altro impiego e il 37% non lo prenderebbe mai in considerazione. E' quanto emerge dalla ricerca 'Giovani, artigianato, scuola', realizzata dal Censis su incarico di Confartigianato Imprese, e presentata oggi a Roma.

A tenere lontani molti giovani dall'artigianato contribuisce una certa immagine stereotipata. Quando pensa a un artigiano, il 40% si rappresenta una persona anziana e solo il 9% un giovane. Poco più del 21% dei giovani coglie appieno le potenzialità di crescita professionale offerte dal lavoro artigiano, dichiarando che sono molte, fino a poter diventare un imprenditore di successo.

Ci sono creatività, passione e autonomia dietro la scelta artigiana. L'80% dei giovanissimi coltiva passioni che sono fortemente legate al mondo artigiano: l'informatica (31%), la cucina (21,5%), la fotografia (19%), la ceramica (14%), trucco ed estetica (13%), piccoli lavori di riparazione di impianti e motori (12,5%). Chi si dichiara favorevole a svolgere un lavoro artigiano in futuro pone l'accento sul fatto che consente di esprimere la propria creatività (44%), di lavorare in autonomia (17%), di realizzare una passione (13,5%). Il 54% di quanti dichiarano di non essere intenzionati a svolgere un lavoro artigiano, o di essere disposti a farlo solo nel caso non trovassero di meglio, pensa di non essere in grado, di non avere le competenze e le attitudini necessarie per riuscire. Solo meno del 18% dei giovanissimi si dimostra interessato ad avviare un'attività in proprio in futuro. Il 26% è possibilista, attratto dall'idea, ma preoccupato dai rischi. La maggioranza (56%) si esprime invece in senso contrario: il 28% ritiene il lavoro autonomo troppo rischioso, un altro 28% non si ritiene personalmente adatto. E le differenze geografiche sono significative: al Nord-Est il 28% dei ragazzi è fortemente intenzionato a mettere su un'attività autonoma, il 18% al Nord-Ovest, il 10% al Centro e il 16% al Sud.

I giovanissimi hanno comunque una visione positiva della figura imprenditoriale. L'imprenditore è per loro innanzitutto una persona capace (lo definisce così il 53% degli intervistati) e che sa rischiare (più del 45%). Per il 38% è uno che ha forti disponibilità economiche. Merito, capacità e spirito di iniziativa prevalgono sugli aspetti casuali o negativi, che pure vengono chiamati in causa: la fortuna (15%), la mancanza di scrupoli (7%), lo sfruttamento del lavoro altrui (6%). L'11% ha una visione molto positiva, considerando l'imprenditore una figura che crea ricchezza per l'intera collettività.

Solo il 46% dei giovanissimi ha le idee chiare su quale lavoro vorrebbe svolgere nel futuro. Tra i lavori più gettonati spicca la professione medica (11%), quella di ingegnere (6%), architetto (5,5%) e commercialista (5,5%). Oltre alle libere professioni, riscuotono consensi anche mestieri come il cuoco (5,5%), lo stilista (4%), l'estetista (3%), il parrucchiere (2%), l'informatico (2%). La maggioranza dei giovanissimi (58%) si dimostra ottimista, pensando che riuscirà a fare il lavoro che desidera (37%) o comunque a svolgerne uno coerente con il proprio percorso di studi (21%). Molti intravedono all'orizzonte un futuro decisamente negativo. Il 24,5% pensa che sarà costretto ad accontentarsi di qualsiasi lavoro, pur di avere un reddito su cui contare, e il 16% ritiene che avrà grosse difficoltà a trovare un impiego. Forse è per questo che il 28% dei giovanissimi sogna già di trovare un lavoro che lo porti fuori dall'Italia.

Solo il 10,5% degli studenti di 16-18 anni ha avuto l'occasione di fare già un'esperienza di lavoro stabile e il 28% ha già lavorato occasionalmente. La maggioranza (62%), invece, non ha ancora conosciuto il lavoro. Per lo più dichiarano di non essere interessati all'eventualità di un lavoro non retribuito in un'azienda: il 24% perché pensa che non sia giusto lavorare senza essere pagati, il 16% perché avrebbe difficoltà a conciliare il lavoro con lo studio, il 10% perché non la ritiene una cosa utile. Solo il 44% degli intervistati coglierebbe l'occasione al volo. Una volta terminati gli studi secondari, solo un quarto degli studenti intende concentrarsi nella ricerca di un lavoro. La maggioranza pensa invece di proseguire gli studi, in via esclusiva (38%) o provvisoriamente, nell'attesa di trovare un lavoro (21%). Infine, il 15% non ha assolutamente idea sul da farsi.

Chiamati a valutare l'utilità del proprio percorso di studi ai fini dell'inserimento nel mercato del lavoro, solo il 44% degli studenti esprime un giudizio positivo. La maggioranza è critica e punta il dito sulla mancanza di specializzazione della formazione ricevuta (35%) e sulla inadeguatezza rispetto alle attuali esigenze del mercato del lavoro (18%).

Ma è soprattutto guardando alla funzione di orientamento al lavoro che l'offerta scolastica appare inadeguata. Il 56% degli studenti ha ricevuto qualche informazione sul mercato del lavoro dai professori, ma solo il 38% ha partecipato a giornate di orientamento e il 20% a incontri con studenti universitari e giovani lavoratori. Sono davvero sporadici i casi in cui la scuola organizza visite presso le aziende (poco più del 12%), attiva partnership con enti o aziende per far fare ai giovani esperienze di lavoro (8%), favorisce i contatti tra giovani e aziende (4%).

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