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Chi era Imane, la testimone che svelò il Bunga Bunga

15 marzo 2019 | 19.43
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(Fotogramma)
(Fotogramma)

Il nome di Imane Fadil, giovane marocchina morta a Milano lo scorso 1 marzo forse per avvelenamento, è legato in modo indissolubile al 'Bunga bunga' a casa dell'allora presidente del Consiglio. Le sue confessioni hanno permesso di svelare i dettagli delle serate hot di Arcore che hanno portato a far esplodere, nel 2011, il caso Karima El Marough e al processo - oggi al filone 'Ruby ter' - con imputato Silvio Berlusconi.

Allora 25enne, Fadil partecipò a otto 'cene eleganti' e durante alcune di queste, a suo dire, vide di tutto: spogliarelli, palpeggiamenti, travestimenti bizzarri, ma anche pagamenti generosi per l'intrattenimento. Dopo qualche tempo si presentò in procura per raccontare tutto, non omettendo nomi e cognomi delle 'olgettine'. Le sue accuse messe a verbale, vengono ripetute a processo nel 2012. 

Invitata da Lele Mora ed Emilio Fede, ricostruisce davanti ai giudici le serate a casa Berlusconi: ricorda Nicole Minetti e Barbara Faggioli che ballano vestite da suora, Iris Berardi travestita invece da Ronaldinho, fino al siriano che voleva mandarla ad Arcore in cambio di denaro. Al pm racconta di aver partecipato alle serate "perché ero disperata, lavoravo poco e ambivo a incarichi importanti", poi in un'intervista a Il Fatto quotidiano, nell'aprile 2018, svela: "E stata una cosa devastante, impossibile descriverla. All’inizio ero sola contro tutti, nessuno credeva alla mia versione".

Dopo le sue rivelazioni sul 'Bunga bunga', "non riuscivo neanche a uscire di casa, mi è stata fatta terra bruciata intorno: la gente pensava fossi una prostituta, ho perso gli amici e quei pochi lavoretti che avevo. Ho vissuto un periodo di forte depressione, piangevo sempre, ho anche perso i capelli a causa del forte stress", racconta la giovane marocchina. "In quella casa accadevano oscenità continue. Una sorta di setta, fatta di sole donne. In quella casa ci sono presenze inquietanti. Là dentro c’è il Male, io l’ho visto, c’è Lucifero", dice ancora. 

A distanza di nove anni dallo scandalo Ruby, - testimone nel primo processo, parte civile nel secondo - viene esclusa come parte civile dal processo Ruby ter (14 gennaio scorso) e non trattiene la sua rabbia davanti al Palazzo di giustizia. "Ho sempre detto la verità al contrario degli altri e ho respinto tantissimi tentativi di corruzione da parte di Silvio Berlusconi e di tutto il suo entourage", spiega mostrandosi ancora fiduciosa nella giustizia e desiderosa di pubblicare il libro sulla sua vita.

Dopo solo 15 giorni viene ricoverata in condizioni gravi all'Humanitas nel reparto di terapia intensiva, e poi in rianimazione fino al decesso avvenuto il primo marzo. Prima di morire ha detto al difensore e al fratello di avere il timore di essere stata avvelenata.  Per capire la causa esatta della morte è stata sequestrata la salma ed "è stata disposta l'autopsia, che dovrebbe essere seguita a breve", spiega il procuratore capo di Milano Francesco Greco. "Non c'è una diagnosi precisa sulla morte, "ma dalle analisi emerge una sintomatologia da avvelenamento", rimarca il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano. Esito degli esami tossicologici che la clinica Humanitas "ha prontamente comunicato agli inquirenti" che ora indagano per omicidio volontario. 

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