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Roma

"A Stefano calci in faccia": parla carabiniere superteste

08 aprile 2019 | 12.30
LETTURA: 7 minuti

Deposizione del carabiniere superteste, Francesco Tedesco, al processo bis in Corte d'Assise: "Chiedo scusa alla famiglia". Ilaria Cucchi: "I giudici ora abbiano coraggio". Conte: "Ministero Difesa sarà parte civile". Vicepremier Salvini: "Chi sbaglia paga ma io sempre con forze ordine"

(FOTOGRAMMA/IPA)
(FOTOGRAMMA/IPA)

"Innanzitutto io voglio chiedere scusa alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria imputati al primo processo. Per me questi anni sono stati un muro insormontabile". Così al processo Cucchi-bis in Corte di Assise, a Roma, è iniziata la deposizione del carabiniere Francesco Tedesco, il supertestimone che ha rivelato a nove anni di distanza che il geometra 31enne venne pestato da due suoi colleghi, imputati come lui di omicidio preterintenzionale.

La notte dell'arresto, il 15 ottobre del 2009, nella caserma della Compagnia Casilina, Stefano Cucchi fu colpito dai carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro: "Mentre uscivano dalla sala, Di Bernardo si voltò e colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto. Poi lo spinse e D'Alessandro diede a Cucchi un forte calcio con la punta del piede all'altezza dell'ano. Nel frattempo - ha aggiunto Tedesco - io mi ero alzato e avevo detto: 'basta, finitela, che cazzo fate, non vi permettete'. Ma Di Bernardo proseguì nell'azione spingendo con violenza Cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi sbattè anche la testa. Io sentii un rumore della testa che batteva. Quindi D'Alessandro gli diede un calcio in faccia, a quel punto mi alzai e li allontanai da Cucchi".

In Aula, il carabiniere ha ricordato quando il giovane venne picchiato da altri due carabinieri e lui intervenne per bloccarli: "Stefano era a terra e mentre mi sono messo in mezzo ho avuto la sensazione che stesse per partire un secondo calcio contro la sua faccia. Dopo aver allontanato Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, presi sottobraccio Stefano, che si sentì protetto in quel momento" ha aggiunto.

IL SILENZIO - "Non era facile denunciare i miei colleghi. Il primo a cui ho raccontato quanto è successo è stato il mio avvocato. In dieci anni della mia vita non lo avevo ancora raccontato a nessuno" ha detto in aula Tedesco, che ha accusato gli altri due militari di aver picchiato Stefano Cucchi, arrestato per possesso di droga e deceduto una settimana dopo.

IL VERBALE - Poi, "quando arrivammo alla caserma Appia, in ufficio il verbale era già pronto e il maresciallo Mandolini mi disse di firmarlo. Cucchi non volle firmare i verbali" ha raccontato ancora. "Mentre stavamo in auto per rientrare alla caserma Appia Cucchi era silenzioso, si era messo il cappuccio e non diceva una parola, chiedeva il rivotril" ha aggiunto.

L'ANNOTAZIONE - "Dire che ebbi paura è poco. Ero letteralmente terrorizzato. Ero solo contro una sorta di muro. Sono andato nel panico quando mi sono reso conto che era stata fatta sparire la mia annotazione di servizio, un fatto che avevo denunciato. Ero solo, come se non ci fosse nulla da fare. In quei giorni - ha detto Tedesco - io assistetti a una serie di chiamate di alcuni superiori, non so chi fossero, che parlavano con Mandolini. C'era un po' di agitazione. Poi mi trattavano come se non esistessi. Questa cosa l'ho vissuta come una violenza".

IL MARESCIALLO - "'Tu devi seguire la linea dell'Arma se vuoi continuare a fare il carabiniere' mi disse Mandolini quando, dopo la morte di Cucchi, gli chiesi come dovevamo comportarci se chiamati a testimoniare" ha proseguito il superteste. "Ho percepito una minaccia nelle sue parole. Sono stato minacciato e obbligato dopo il 29 ottobre 2009 a seguire la linea dell'Arma se avessi voluto fare ancora il carabiniere. Ho vissuto come una violenza tutta questa situazione. Mi sono sentito incastrato in una morsa dalla quale sarebbe stato difficile uscire". Tedesco ha poi ribadito che il maresciallo Mandolini, "il giorno che sarei dovuto andare dal pm, mi invitò a dire che Cucchi stava bene e che non era successo niente".

IL 29 OTTOBRE - "Io ho avuto paura perché quando il 29 ottobre del 2009 sono stato costretto a non parlare mi sono sentito in una morsa dalla quale non potevo uscire. Se avessi parlato allora sarei stato contro il mondo. Poi si sono succeduti vari eventi, sapevo che Casamassima aveva iniziato a parlare e ho cominciato a non sentirmi più solo. Cercavo di trovare un contatto con qualcuno in tutti i modi per dire questa cosa" ha detto il vicebrigadiere Tedesco, imputato per omicidio preterintenzionale, falso e calunnia nel processo bis, rispondendo alle domande del pm Giovanni Misarò.

CAPO IMPUTAZIONE - Il carabiniere ha spiegato cosa lo ha spinto, dopo tanti anni, a raccontare la verità: "La lettura del capo di imputazione ha inciso molto, come pure il fatto che ci fosse un nesso di causalità tra il pestaggio, la caduta e la morte. La lettura di quel capo di imputazione mi colpì perché descriveva quello a cui avevo assistito e da questo è scaturito il fatto che non sono riuscito più a tenermi dentro questo peso" ha sottolineato. "Io prima avevo sottovalutato il pestaggio, non pensavo avesse causato la morte di Cucchi, poi leggendo il capo di imputazione e gli atti ho detto 'caspita'" ha detto ancora Tedesco.

"MA TU CHE INTENZIONI HAI?" - Dopo la morte di Cucchi, "D'Alessandro mi chiamava solo quando c'erano notizie in merito al processo, poche volte - ha continuato il militare in aula- poi, dopo il 2015 ha iniziato a chiamarmi in continuazione per chiedere informazioni, il suo atteggiamento era cambiato, aveva notato un distaccamento dei miei legali dagli altri avvocati delle difese e mi chiese 'ma tu che intenzioni hai?'". Tedesco ha detto che confessando quanto successo dopo l'arresto di Cucchi nell'ottobre del 2009 si è tolto un peso. "Adesso che sono stato sospeso dall'Arma, mi sento meglio, senza più intimidazioni e quelle pressioni. Sono più tranquillo perché mi sono accorto che non sono solo. Io per tanto tempo ha avuto paura, anche di andare a parlare con il magistrato".

LA CORTE - Durante la lettura del provvedimento emanato dopo la richiesta di acquisizione di alcuni atti, il presidente della Corte, Vincenzo Gaetano Capozza, ha detto che "non bisognerebbe mai dimenticare che qui si sta celebrando un processo a cinque appartenenti all’Arma dei carabinieri e non all’Arma dei carabinieri".

ILARIA CUCCHI - "Oggi dopo dieci anni di tentati depistaggi quasi riusciti, in quest'aula di giustizia entra la vera storia di quella notte. La sento raccontare dalla viva voce del carabiniere Tedesco, uno dei protagonisti. Guardo in fondo all'aula e incrocio gli sguardi dei miei genitori che ascoltano la descrizione dell'uccisione del loro figlio. Consola però, il fatto che non siamo più soli: oggi sappiamo che il comando generale dell'Arma si è schierato con la verità". Così Ilaria Cucchi al termine dell'udienza.

"MINISTERO DIFESA PARTE CIVILE" - Il premier Giuseppe Conte anticipa, a margine dell'inaugurazione del Museo del Design a Milano, che "il governo è favorevole alla costituzione di parte civile da parte del ministero della Difesa" nel processo sulla morte di Stefano Cucchi. "Per quanto riguarda il governo già preventivamente anticipo la disponibilità a che l'amministrazione della Difesa si costituisca parte civile", sono le parole pronunciate dal presidente del Consiglio al termine della sua visita alla Triennale.

DI MAIO - Sul caso è intervenuto anche il vicepremier Luigi Di Maio: "Chi si macchiò, direttamente e indirettamente del decesso di Stefano pagherà - ha scritto su Fb Di Maio -. Mi auguro il più presto possibile. Ma non si faccia facile polemica, non si faccia di tutta l'erba un fascio". "I nostri Carabinieri - ha ricordato Di Maio - sono quelli del soccorso al bus pieno di bambini a San Donato Milanese, sono quelli che quotidianamente rischiano la propria vita per combattere le mafie, sono quelli che insieme a noi credono nel futuro di questo Paese. Grazie Generale Nistri, per il suo gesto", ha scritto dunque il vicepremier commentando la svolta del comandante generale dell'Arma, "un altro abbraccio a Ilaria Cucchi e alla sua famiglia. Siamo tutti dalla stessa parte. Dalla parte della verità!".

SALVINI - ''Chi sbaglia paga, anche se indossa una divisa, ma non accetto che l'errore di pochi comporti accuse o sospetti su tutti coloro che ci difendono: sempre dalla parte delle Forze dell'Ordine'', ha affermato il ministro dell'Interno Matteo Salvini.

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