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Professioni: Chiropratici, no a declassamento categoria

21 luglio 2016 | 16.51
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John Williams, presidente Associazione italiana chiropratici
John Williams, presidente Associazione italiana chiropratici

"Diciamo no al declassamento della chiropratica a professione tecnica". Così a Labitalia John Williams, presidente dell'Associazione italiana chiropratici, in occasione dell'incontro organizzato oggi a Montecitorio in cui è stata ribadita la richiesta della categoria. "Gli standard internazionali -spiega- prevedono dai 5 agli 8 anni di formazione universitaria, mentre gli emendamenti del Senato hanno diminuito i corsi a 3 anni, ovvero a una laurea breve".

"E' una cosa assurda -sottolinea- che affonda le sue radici in mere questioni di mercato: per alcuni medici, infatti, si tratta di un privilegio che non può essere condiviso. Abbiamo provato più volte -sottolinea- ad essere sentiti in Senato prima del voto, ma è stato tutto inutile. Eppure, non stiamo parlando di una professione di nicchia: a sostegno della nostra richiesta abbiamo organizzato una petizione e in pochi giorni abbiamo raccolto 12mila firma di pazienti, fortemente preoccupati di non essere tutelati e di incontrare dei falsi chiropratici".

"Un altro problema -sottolinea Williams- della categoria è infatti legato all'abusivismo che, in mancanza di un albo, continua a imperversare danneggiando la categoria. La chiropratica non utilizza farmaci e conta centinaia di migliaia di pazienti in Italia. Tutti gli studi internazionali dimostrano la sua efficacia nella riduzione dei costi dei sistemi sanitari e i benefici sulla qualità della vita dei pazienti. In Italia, invece, a livello normativo -rimarca- è stata oggetto di un emendamento che ha di fatto annullato le intenzioni iniziali del ministro Lorenzin. Chiediamo da sempre un percorso universitario non inferiore a cinque anni, ma non ci vogliono ascoltare".

"Come abbiamo anche scritto nella petizione -ricorda- la chiropratica deve essere una professione sanitaria indipendente con diritto-dovere di esplicare le proprie competenze, tra le quali rientra la diagnosi funzionale dei disturbi neuromuscoloscheletrici e dei loro effetti sulla salute in generale".

"Il laureato in chiropratica -rimarca- deve conseguire una laurea magistrale a ciclo unico per avere l’abilitazione ad esercitare le sue mansioni liberamente nel campo del diritto alla salute, secondo le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità e come avviene nel resto d’Europa e del mondo.Tuttavia, la mancata considerazione delle nostre richieste -fa notare il presidente dell'Associazione Williams- ha già creato un danno gravissimo: una delle più rappresentative università americane, la Life University, aveva annunciato la nascita del primo corso di laurea a Roma nel 2018".

"Un investimento -avverte- di svariati milioni di euro, che avrebbe permesso anche agli aspiranti chiropratici italiani di poter avere in patria un'università riconosciuta a livello internazionale. Ora, però, la stessa università sarebbe pronta a ritirare visto il cambiamento normativo in atto".

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