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Chirurgia plastica, non sempre è 'buona la prima': per 16% pazienti necessario secondo intervento

22 ottobre 2014 | 12.19
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Chirurgia plastica, non sempre è 'buona la prima': per 16% pazienti necessario secondo intervento

(Adnkronos Salute) - Non sempre è buona la prima. Nell'ambito della chirurgia plastica estetica può capitare che l'intervento non soddisfi le aspettative del paziente o che insorga qualche complicazione imprevedibile che rende necessario sottoporsi a un nuovo ritocco. Secondo l'indagine condotta dall'Associazione italiana di chirurgia plastica estetica (Aicpe), nel 2013 le operazioni secondarie, eseguite per rimediare a una precedente andata male, sono state il 16% di quelle eseguite a scopo estetico, pari a 37.884 interventi. Per tornare in sala operatoria, i pazienti si sono rivolti allo stesso dottore da cui sono stati operati la prima volta nel 31,1% dei casi, mentre la maggioranza (68.9%) ha preferito optare per un altro chirurgo.

"Il rapporto fra il chirurgo e un paziente che si rivolge a lui dopo essere stato operato da altri, rappresenta una situazione delicata e spinosa. Il secondo intervento deve essere gestito in maniera seria e professionale per evitare che si creino problemi per il primo chirurgo, il secondo operatore e, ancora di più, per il paziente", afferma il presidente di Aicpe, Mario Pelle Ceravolo.

Per informare correttamente i pazienti ed evitare spiacevoli sorprese o disillusioni, Aicpe ha messo a punto una sorta di vademecum: "La chirurgia plastica - spiega il presidente dell'Associazione - non è una disciplina perfetta: pur essendo una scienza medica oggettiva, agisce su individui diversi che reagiscono in maniera differente allo stesso trattamento. Anche se ci si rivolge a un bravo chirurgo, il risultato può non essere ottimale a causa di una reazione particolare dei tessuti del paziente o, più spesso, di situazioni contingenti imprevedibili".

Il primo consiglio di Aicpe, per medici e pazienti, è dare maggior peso al consenso informato, un documento che porta il paziente a conoscenza dei rischi e delle complicazioni inerenti l’operazione cui sta per sottoporsi. "Un consenso che spieghi esaustivamente i rischi di ogni intervento è una testimonianza di serietà da parte del chirurgo", dice Pelle Ceravolo. "Quindi non uno sgravio di responsabilità, ma la testimonianza di aver accuratamente informato il paziente". Secondo consiglio: in caso di richiesta di risarcimento evitare di andare in giudizio, in quanto tale modalità di solito finisce per essere svantaggiosa per entrambe le parti. "Trovare un accordo transattivo è il modo più semplice ed economico per evitare una causa lunga e dispendiosa per tutti, e dagli esiti incerti", sottolinea il presidente.

Per i pazienti non soddisfatti, la prima opzione è farsi rioperare dallo stesso medico: "Di solito - spiega Pelle Ceravolo - è lo stesso chirurgo plastico a proporre un secondo intervento correttivo, generalmente a condizioni economicamente più vantaggiose di quanto farebbe un nuovo chirurgo. Se, per una serie di ragioni, si decide di non ricorrere allo stesso medico, è bene scegliere un professionista di maggiore esperienza, accertandosi sulla sua capacità nel gestire casi già operati, con il quale creare un nuovo rapporto di massima sincerità e fiducia".

Quando si perde la fiducia in un medico e si decide di rivolgersi a un altro, non si può pensare che l'ultimo possa risolvere perfettamente tutti i problemi e offrire una soluzione magica: "Un secondo intervento - aggiunge Pelle Ceravolo - è sempre più difficile del primo, è come un sarto che deve confezionare di nuovo un vestito tagliato male in precedenza. Se errore c'è stato dev'essere riconosciuto e il paziente risarcito delle spese affrontate e dei danni subiti. Tra tutte le parti deve però instaurarsi un rapporto onesto che gioverà ai due chirurghi e ancora di più al paziente che potrà essere assistito dal nuovo professionista nella maniera migliore".

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