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Cina, morto il Nobel per la Pace Liu Xiaobo

13 luglio 2017 | 15.46
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(Afp)
(Afp)

L'attivista cinese e premio Nobel per la Pace Liu Xiaobo è morto. Aveva 61 anni. A darne notizia sono le autorità di Shenyang, nel nord della Cina.

"Liu Xiaobo, condannato per sovversione del potere dello stato nel 2009, è morto oggi per scompenso multiorgano dopo il fallimento delle cure, secondo quanto riferisce l'ufficio giudiziario di Shenyang, nella provincia di Liaoning Province. Aveva 61 anni", si legge sull'agenzia stampa di stato cinese Xinhua.

La sedia vuota di Liu Xiaobo alla cerimonia di premiazione del Nobel per la pace 2010 rimane un potente simbolo della repressione di ogni dissenso da parte di Pechino. Ma lo è anche la sua morte oggi in ospedale, dopo che le autorità cinesi gli hanno rifiutato più volte il trasferimento per cure all'estero.

Scarcerato il 26 giugno perché colpito da un tumore al fegato ormai in fase terminale, il dissidente cinese aveva chiesto invano di potersi far curare negli Stati Uniti o in Germania e per questo aveva rifiutato ieri di farsi intubare nel timore di diventare intrasportabile. Il suo ultimo desiderio era portare all'estero l'amata moglie Liu Xia, da anni agli arresti domiciliari, in modo da donarle una vita libera.

Scrittore, saggista, poeta, attivista per i diritti civili, il 61enne Liu Xiaobo era nato a Changchun, nella provincia di Jilin, il 28 dicembre 1955. Educato come cristiano, aveva conseguito un dottorato in letteratura all'università di Pechino. Pensatore brillante e anticonformista, filo occidentale, negli anni Ottanta Liu era molto noto nei circoli intellettuali della capitale cinese ed è stato visiting professor all'università di Oslo in Norvegia e, negli Stati Uniti, alla Columbia University e all'universita' delle Hawaii.

Nella primavera 1989 tornò dall'estero per partecipare alle proteste di piazza Tienanmen. Arrestato, rimase in carcere per 19 mesi. Nel gennaio 1991 fu condannato per "propaganda ed istigazione controrivoluzionarie", ma senza finire in carcere. Nell'ottobre del 1996 fu inviato a trascorrere tre anni in un campo di rieducazione a causa delle sue critiche al partito comunista.

Liu Xiaobo è stato presidente del ramo cinese dell'associazione internazionale di scrittori Pen Club cinese fra il 2003 e il 2007, quando fu nuovamente arrestato e interrogato in carcere a proposito di suoi articoli apparsi sui siti web stranieri.

L'ultimo arresto risale al dicembre 2008 a causa della sua adesione ad un movimento per l'avvento della democrazia in Cina. Liu Xiaobo era il primo firmatario del manifesto di Charta 08, cui hanno aderito 330 intellettuali cinesi, che elencava una serie di riforme necessarie per una trasformazione democratica del paese asiatico. Il 25 dicembre 2009, Liu è stato condannato a 11 anni di carcere per "incitamento alla sovversione dei poteri dello Stato".

Nel 2010 Liu ha ricevuto il premio Nobel per la pace "per il suo impegno non violento a tutela dei diritti umani in Cina". Il diploma e la medaglia del premio Nobel vennero posate su una sedia vuota, dato che il dissidente era in carcere. Pechino esercitò forti pressioni per evitare la premiazione di Liu, cui seguirono tensioni diplomatiche fra Cina e Norvegia. Fra gli sponsor della sua candidatura vi era l'ex presidente ceco Vaclav Havel, promotore di Charta 77, il manifesto di dissidenti cecoslovacchi a cui si erano ispirati i firmatari di Charta 08.

Sin dall'annuncio del premio, la moglie Liu Xia è stata posta agli arresti domiciliari nella sua casa di Pechino. Contro la donna non sono mai state mosse accuse formali. Xia e Xiaobo si erano conosciuti negli anni ottanta, quando entrambi erano sposati con altri partner e frequentavano lo stesso giro di amici boehmien. Lui era un brillante intellettuale donnaiolo, lei una giovane poetessa che lavorava come funzionaria del governo. I loro due matrimoni naufragarono dopo il suo primo arresto. Quando lui fu rilasciato nacque il loro amore. "Ho trovato tutta la bellezza del mondo in questa donna", confidò Xiao all'amico Mo Zhixu.

L'ex moglie di Xiaobo e il figlio erano emigrati negli Stati Uniti e la nuova coppia decise di non avere figli, ben sapendo che le scelte politiche di lui avrebbero reso difficile la vita ad entrambi. Si sposarono mentre lui stava scontando una nuova condanna a tre anni di campo di lavoro, in modo che lei avesse il diritto di andarlo a trovare. Anche quando lui uscì, la loro vita comune fu sempre all'ombra di una continua sorveglianza poliziesca.

Dopo l'ultimo arresto del 2008, Xia e Xiaobo non sono più stati liberi insieme. Gli arresti domiciliari sono stati una prova molto dura per Liu Xia. Senza telefono e internet, isolata dal mondo, ha avuto rare occasioni di vedere i familiari e il marito, sempre sotto la sorveglianza della polizia. E la censura ha bloccato perfino le poesie d'amore che i due coniugi cercavano di mandarsi l'un l'altro.

Nel 2009, quando il Guardian l'aveva incontrata, l'allora 49enne Liu Xia, appariva come una persona dalla "presenza luminosa" con un fisico snello da ragazzina, il sorriso ironico e un gran senso dell'umorismo. Ma il lungo isolamento ha duramente provato questa donna un tempo piena di grazia ed effervescenza.

Nel 2011 alcuni giornalisti riuscirono ad introdursi nella sua casa, trovando la donna irriconoscibile, afflitta da tremori e crisi di pianto. Nel 2014, Liu Xia ha avuto un attacco di cuore. E negli ultimi mesi ha perso entrambi i genitori. "Liu Xia ha sofferto in nome del sogno di Liu Xiaobo. E ora Liu Xiaobo ha rinunciato all'insistenza di non voler lasciare la Cina per il bene di Liu Xia", raccontava nei giorni scorsi Ye Du, un amico comune. "Anche se fossi ridotto in polvere, userei le mie ceneri per abbracciarti", le aveva scritto lui nel 2009.

I leader del movimento di piazza Tienanmen hanno duramente condannato il governo cinese per la morte del dissidente. "Spero che il mondo ricordi per sempre come il partito comunista cinese, questo nuovo gruppo nazista, abbia brutalmente torturato a morte Liu Xiaobo", ha scritto su Facebook, uno dei leader del movimento studentesco del 1989, che oggi vive in esilio negli Stati Uniti.

"E un secondo quattro giugno", ha affermato Wang, riferendosi al massacro degli studenti che manifestavano per la democrazia a piazza Tienanmen. "Si tratta di un malcelato omicidio politico", ha aggiunto.

Severo anche il giudizio di Wuer Kaixi, un altro dei leader studenteschi del 1989, oggi in esilio a Taiwan. "Abbiamo ora un'altra data per ricordare la devastazione, la furia, il disgusto, la disperazione, ma anche la libertà, i sogni e la speranza per la Cina", ha detto su Facebook

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