"A Pechino sembra inizino a capire che approccio unilaterale non funziona. Mosaico complesso di tensioni e diffidenze intorno al gigante asiatico"
La Via della Seta cinese. L'alternativa americana, Build Back Better World. La risposta europea, il Global Gateway. "La battaglia sulle infrastrutture tra le potenze globali è uno spreco di denaro e risorse": con questo titolo il South China Morning Post apre il dibattito tra gli esperti e insiste sulla "cooperazione globale", per un "approccio globale coordinato" lasciando da parte le "rivalità". Per il sinologo Francesco Sisci è un intervento che potrebbe "indicare un inizio di ripensamento cinese" rispetto all'approccio "unilaterale" del gigante asiatico riguardo la Via della Seta. Parole indizio di "uno dei pensieri che circolano a Pechino". Senza dimenticare che "ormai" la Via della Seta "si inserisce in un mosaico complesso di tensioni e diffidenze crescenti intorno alla Cina".
Non è la versione ufficiale, ma - dice - sembra "stiano iniziando a capire che l'approccio unilaterale non funziona" perché "ci sono altre due iniziative", B3W e Global Gateway, "entrambe più ambiziose e più grandi di quella cinese". Di fatto, "minimizzano il progetto cinese", anche se sono tutti "progetti sulla carta". E, secondo Sisci che legge tra le righe del Scmp, "uno dei pensieri che circola a Pechino" è quello di una "sorta di fondo monetario delle infrastrutture", ma - avverte - "ormai la partita è cambiata" ed è "troppo poco e troppo tardi", oltre al fatto che "le istituzioni internazionali sono molto più deboli" rispetto al passato "perché non sono state adattate" ai tempi.
Sisci pensa ad esempio al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e ai membri permanenti. "In Europa - dice - abbiamo Francia e Regno Unito, ma non c'è la Germania. In Asia, ne fa parte la Cina, ma non il Giappone o l'India". E, aggiunge, "l'unica istituzione internazionale modificata dopo la Guerra fredda, il Gatt, che è diventato il Wto, sta smettendo di funzionare perché in sostanza la Cina ha cercato di piegare le regole alle sue esigenze", senza escludere "responsabilità americane e di altri Paesi". E, incalza, "a testimonianza della mancanza di funzionalità c'è il fatto che i due progetti infrastrutturali americano ed europeo sono separati" ovvero "non sono sotto un cappello internazionale".
E c'è, oltre alle tensioni e alle diffidenze nei confronti del gigante asiatico, un altro 'problema' con cui Pechino deve fare i conti. "La Cina - dice ancora Sisci - sembra spesso prigioniera di suoi schematismi, di piccoli calcoli che le fanno perdere di vista la visione generale". Un esempio? Il sinologo parla di Kazakistan e Xinjiang, la regione cinese teatro della repressione degli uiguri. "Sarebbe nell'interesse di Pechino aumentare, a qualunque costo, i rapporti con il Kazakistan, la prima grande frontiera a ovest della Via della Seta, ma - conclude - questa estensione va a fatica. Il Kazakistan aveva chiesto di raddoppiare la linea ferroviaria. I cinesi per ora non sembrano interessati e sembra che la Cina faccia pressione sul Kazakistan minacciando di limitare il traffico ferroviario perché il Paese consente proteste anticinesi a proposito dello Xinjiang". "La Cina - conclude - per una questione puramente interna rischia di deteriorare rapporti con un vicino che è strategicamente molto importante".