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Cinema, Pupi Avati: "Draghi li riapra o la gente perderà abitudine ad andarci"

10 febbraio 2021 | 13.58
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L'appello del regista all'Adnkronos: "Ormai è un anno che sono chiusi, altissimo il rischio disaffezione"

Cinema, Pupi Avati:

"Chiediamo a Mario Draghi che riapra le sale il prima possibile, perché ormai è forte in tutti la preoccupazione che si crei una disabitudine ad andare al cinema". E' l'accorato appello del regista Pupi Avati che, in 'un'intervista con l'Adnkronos, esprime il forte timore che, con le misure attualmente in vigore per il contenimento del coronavirus in Italia, si sviluppi una disaffezione delle persone a recarsi al cinema. "Ormai è un anno che sono chiusi -spiega Avati, firmatario di un appello al precedente governo insieme all'Anec- per cui il cinema, non come fruizione generale ma come sala cinematografica, luogo deputato alla visione dei film, sta uscendo dalle abitudini delle persone. Io non sento nessuno dire che ne ha nostalgia: ormai li guardano a casa".

Perché il divano di casa e la sala cinema non sono certo la stessa cosa, come spiega il regista. "La differenza sostanziale è che in una sala cinematografica il film comanda. Io non ho mai visto in tutta la mia vita di spettatore, non ho mai visto uno uscire da una sala dopo tre minuti dall'inizio del film. Mentre invece quando un film è programmato su una piattaforma streaming, chiunque abbia un telecomando micidiale in mano può cambiare in qualsiasi istante", osserva Avati.

"Cambiano radicalmente le condizioni nelle quali viene fruito il film: in una sala, viene visto in una condizione di totale rispetto della pellicola. Nessuno mette in pausa, mangia, telefona, parla a voce alta, si alza. Il lavoro che ha fatto un autore per cercare di creare delle atmosfere è evidente che venga eluso. E quindi perde la sua efficacia", dice il regista, indicando poi un altro motivo per il quale è urgente che le sale vengano riaperte: "C'è una serie di esercenti illusi che questi ristori vadano avanti per tutta la vita, e preferiscono restare chiusi. Questo è molto grave, è un grosso equivoco. I ristori non dureranno per sempre", conclude.

(di Ilaria Floris)

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