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Rifiuti: progetto GreenWoolf, fertilizzanti dagli scarti della lana

01 aprile 2016 | 15.13
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Il progetto GreenWoolf sarà presentato alla Fiera di Cremona (20-22 aprile)

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Fertilizzante dagli scarti della lavorazione della lana. Il progetto europeo Life+GreenWoolf (1 luglio 2013-30 giugno 2016) ha come obiettivo quello di dimostrare l'efficacia del processo di conversione attraverso un trattamento di idrolisi con acqua surriscaldata. Il suo coordinamento è stato affidato al Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per lo Studio delle Macromolecole di Biella (Torino), partner del progetto sono il Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia del Politecnico di Torino e l'azienda meccanotessile Obem spa di Biella.

Un progetto dimostrativo e innovativo che verrà presentato giovedì 21 aprile alle 12.15 in un workshop nell'ambito dei tre Saloni BioEnergy Italy, Green Chemistry Conference and Exhibition e Food Waste Management Conference (CremonaFiere 20-22 aprile). La valorizzazione della lana di scarto, di un rifiuto dunque, rientra pienamente nel concetto di economia circolare.

"Attualmente lo scarto della lana tosata alle pecore è considerato un rifiuto - spiega Raffaella Mossotti, del Cnr e project coordinator - e come tale deve essere smaltito con i relativi costi a carico degli allevatori. Era quindi necessario trovare soluzioni che puntassero a una valorizzazione di questi scarti e la possibilità di dare vita a un processo che potesse convertire la cosiddetta lana sucida in fertilizzante è parsa una strada percorribile su cui concentrarsi".

Si tratta della lana ottenuta da pecore di razza Sarda, particolarmente grossolana e dura, poco sfruttata in campo tessile e ben diversa dalla più pregiata Merinos, nota per la sua morbidezza. "In pratica, al termine di una nostra prima fase di ricerca scientifica e sulla base di nostre specifiche indicazioni, la ditta Obem Spa ha realizzato una macchina, che assomiglia molto a una betoniera, all'interno della quale viene immessa la lana sucida che viene idrolizzata con un getto di vapore a 180°C: a seconda della durata di questo trattamento si ottiene un fertilizzante solido pellettizzabile o liquido. Per il primo è sufficiente un’ora, per il secondo un'ora e mezza", spiega Mossotti.

Il pool di ricercatori guidati da Raffaella Mossotti sta visitando allevamenti ovini in Sardegna, Toscana, Lazio e Sicilia per presentare la macchina. "Stiamo riscontrando da parte degli allevatori un notevole interesse - afferma la ricercatrice - in Sardegna, in particolar modo, molti stanno ragionando sulla possibilità di consorziarsi per acquistare in un prossimo futuro una macchina che possa essere utilizzata da un gruppo di aziende, ammortizzando in questo modo più velocemente l’investimento iniziale che, compresa la caldaia, potrebbe tradursi in qualche decina di migliaia di euro".

Lo smaltimento della lana sucida, in Europa, è un problema molto diffuso visto che nell’intero continente si allevano oltre 100 milioni di pecore, di cui solo 9 milioni in Italia. I Paesi potenzialmente più interessati sono Gran Bretagna, Spagna, Grecia, Francia, Irlanda e Romania e in alcuni di essi il progetto Life+GreenWoolf è già stato presentato. "Ogni anno una pecora produce circa 2 kg di lana - riflette Mossotti - per un totale di 200mila tonnellate/anno/Europa, di cui 18-20mila in Italia. Attualmente la macchina realizzata per idrolizzare la lana e convertirla in fertilizzante ha una capienza massima di 20 kg, ma la Obem conta di realizzarne una che possa arrivare ad avere una capacità di 100 kg".

Riguardo le proprietà del fertilizzante ottenuto, le ricerche scientifiche e le prove in campo condotte dalla facoltà di Agraria dell’Università di Torino hanno dimostrato che il prodotto, non fitotossico, ha un ottimo potere stimolante sulla coltura ed è particolarmente indicato in viticoltura e frutticoltura. Nei prossimi mesi alcuni produttori lo utilizzeranno in via sperimentale in alcune parcelle dei loro terreni.

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