Il dl sarà discusso giovedì in un plenum straordinario del Consiglio superiore della magistratura, convocato per la sua approvazione. Secondo i giudici di Palazzo dei Marescialli, inoltre, le norme contenute nel provvedimento del governo non incrementano "l'efficienza del sistema giustizia"
''La scelta di intervenire con decreto legge comporta delicati profili di compatibilità costituzionale''. E' quanto scrive la sesta commissione del Consiglio superiore della magistratura nel parere sul decreto del governo in materia di processo civile, che sarà discusso domani in un plenum straordinario, convocato per la sua approvazione.
''Una cosa è la possibilità, in astratto, di disciplinare oggetti rientranti nella materia della giustizia e dell'ordinamento giudiziario mediante decreto legge, ricorrendone i presupposti costituzionali'', spiega il parere, di cui è relatore il togato di Area Piergiorgio Morosini, presidente della commissione, altra cosa è ''intervenire sistematicamente con questo strumento, pervenendo a un risultato'', quello di una ''rilevante riforma processuale e ordinamentale'' attraverso ''uno strumento che il legislatore non ha predisposto per tale finalità''.
La contestazione della commissione sulla scelta della decretazione d'urgenza parte dalla considerazione di altri provvedimenti analoghi che l'hanno preceduto negli anni scorsi: ''molteplici interventi - si legge nel parere - effettuati quasi sempre con la medesima tecnica legislativa, spesso non coordinati tra loro, e apparentemente rispondenti all'esigenza di dare riscontro alla crisi della giustizia civile''. Interventi la cui ''frammentarietà e segmentazione'' hanno ''creato incertezza negli operatori'' e ''provocato dubbi applicativi e perplessità ermeneutiche'' rendendo ''difficile individuare il modello di processo civile che il legislatore intendeva effettivamente inverare''.
A giudizio della commissione, dunque, ''è necessario chiedersi se non sia opportuno abbandonare lo schema di riforme volte a fornire risposte di immediato impatto, e tuttavia non sufficientemente ponderate oltre che sempre 'a costo zero', aprendo invece a un più ampio dibattito con gli operatori, dentro e fuori le aule parlamentari, assicurando, sia pure in tempi più lunghi, una più organica e ponderata riflessione sulle necessarie modifiche''. Questo metodo ''eviterebbe il reiterarsi di molteplici decreti'' tutti ''introduttivi di una riforma presentata come risolutiva'' ma che di fatto ''dà luogo a modifiche segmentate e di settore'' che sono ''ben difficilmente riconducibili a una ratio unitaria''.
Inoltre, secondo la sesta commissione del Csm le norme contenute nel decreto legge di riforma della giustizia civile ''non appaiono particolarmente idonee ad assicurare un reale incremento dell'efficienza del sistema giustizia''.