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Climate Store

Con cosa pago la spesa? Con la moneta climatica

03 giugno 2021 | 13.08
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Sperimentata tempo fa nel Climate Store di Stoccolma, la valuta in CO2 ha aperto la strada al climate labeling che ci dice quanto impatta sull'ambiente quello che acquistiamo

 - da felix.se
- da felix.se

Il cibo che mangiamo influisce sul clima e rappresenta circa un quarto dell'impatto climatico globale. Allo stesso tempo, i consumatori dichiarano di avere difficoltà a sapere qual è il cibo migliore per il clima e di volere una guida più chiara. Lo scorso anno, la catena di supermercati svedesi Felix ha aperto il primo negozio climatico al mondo. È durato appena due giorni ma ha aperto la strada a uno sviluppo, anche tecnologico, del rapporto tra prodotti alimentari e consumatori. In quel piccolo periodo, il prezzo del cibo non era in corone svedesi, ma era basato sul suo impatto sul clima con equivalenti di anidride carbonica (CO2). Il costo emesso direttamente in emissioni di anidride carbonica ha reso facile per i consumatori fare scelte intelligenti per il clima direttamente nel negozio.

Secondo le indicazioni Ue occorre dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030. Se cambiamo ciò che mangiamo, potremo dimezzare il nostro impatto sul clima. Ciò si è tradotto, in negozio, in un portafogli personale che aveva a disposizione un budget settimanale di 19 kg di unità di anidride carbonica con cui effettuare acquisti. Il tutto per chiarire la connessione tra i prodotti che mangiamo e il loro impatto sul clima. Climate Store a parte, i supermercati Felix hanno da tempo avviato un'etichetta che riporta l'impronta climatica di tutti i prodotti. L'impronta climatica è misurata in equivalenti di anidride carbonica, la misura delle emissioni totali di gas serra che contribuiscono al riscaldamento globale. I calcoli coprono l'intera catena alimentare, dalla produzione di materie prime al cibo finito, compreso il confezionamento. L'impatto del cibo sul clima viene calcolato con l'aiuto di una fondazione statale di ricerca. Anche perché, otto svedesi su dieci hanno difficoltà a sapere qual è il cibo migliore per l'ambiente e il clima e, inserendo un simbolo sui prodotti più rispettosi “Low Climate Imprint", s'intendono identificare quei cibi che hanno un'impronta climatica in linea con l'obiettivo di massimo 1,5 gradi di innalzamento della temperatura delle Nazioni Unite.

Anche un gruppo di ricercatori dell’Università di Copenaghen sta puntando proprio sul climate labeling, ovvero l’etichettatura climatica in grado di stimare l’impatto dell’intero ciclo vita di un alimento e la sua impronta carbonica. Questo con l'obiettivo di agire sulla coscienza personale dei consumatori e produrre una sostanziale virata nella scelta dei prodotti di consumo verso articoli con punteggi ambientali più sostenibili. Perché per produrre 1 kg di carne di manzo occorre l'emissione di 34,5 kg di CO2, l'impatto della frutta è invece di circa 0,44 kg di CO2 per kg. Il che vuol dire: dovremmo mangiare più di 78 kg di frutta per avere lo stesso impatto ambientale di 1 kg di carne. O, in alternativa, 157 mele per eguagliare l’impatto di una costata di manzo. In questa direzione, altri marchi hanno deciso di implementare etichette di carbonio per incentivare scelte più consapevoli da parte dei consumatori. Il discount tedesco Penny, ad esempio, ha recentemente iniziato a mostrare ai consumatori il costo ambientale nascosto del cibo insieme al suo prezzo al dettaglio. L'iniziativa ha visto la carne e i latticini a prezzi significativamente più alti, con la carne macinata quasi tre volte più costosa, mentre il costo del latte vaccino è raddoppiato. Di recente, Upfield, la società madre di più creme e burri a base vegetale, tra cui Flora e Becel, ha annunciato che mostrerà le informazioni sull'impronta di carbonio sulla confezione di 100 milioni dei suoi prodotti entro la fine del prossimo anno.

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