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Fisco: Confcommercio, rischio aumento tasse 72 mld tra 2015-2018

25 febbraio 2015 | 11.54
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A lanciare l'allarme è l'ufficio studi di Confcommercio qualora scattassero le clausole di salvaguardia contenute nella legge di stabilità. In particolare, si andrebbero a sommare + 728 milioni nel 2015, 16,8 mld nel 2016, 26,2 mld nel 2017 e 28,9 nel 2018 per un totale di oltre 72,7 miliardi

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Nuove imposte all'orizzonte per un totale che potrebbe arrivare a quasi 73 miliardi di euro tra il 2015 e il 2018. A lanciare l'allarme è l'ufficio studi di Confcommercio qualora scattassero le clausole di salvaguardia contenute nella legge di stabilità. In particolare, si andrebbero a sommare + 728 milioni nel 2015, 16,8 mld nel 2016, 26,2 mld nel 2017 e 28,9 nel 2018 per un totale di oltre 72,7 miliardi.

Ma accanto ad un ipotetico effetto 'clausole di salvaguardia' a preoccupare Confcommercio è anche il federalismo fiscale, che produce un effetto aumento sia dei tributi locali che di quelli centrali. In particolare, l'Ufficio studi calcola che nel 2014 le imposte locali valgono 4.200 euro a famiglia. E in rapporto al Pil sono più che raddoppiate dal 1995 al 2014, passando da 2,9% a 6,5% dunque l'aumento è stato più alto rispetto a quelle centrali. Il dato provvisorio per il 2014 della pressione fiscale complessiva, tra tasse locali e centrali comunque dovrebbe attestarsi al 43,8% rispetto al Pil. In termini di valore i tributi locali, sempre nel 2014, pesano per 104,7 mld e quelli centrali per 381,6 mld.

Il federalismo fiscale inoltre, ad avviso di Confcommercio, genera iniquità e incertezza oltre a maggiori tasse in certe zone del Sud dove è incompiuto. A parità di imponibile Irap e Irpef, di 50.000 euro, infatti, un contribuente che abita nel Lazio, in Campania o in Calabria verserà 2.350 euro in più rispetto a un altro che, ad esempio risiede in Sardegna, dove si registra il più basso gettito. Se infatti, in Campania e Calabria il gettito è di 19.220 euro (38,44%) e nel Lazio di 19.020 euro (38,04%), in Sardegna il gettito è di 16.870 euro (33,74%). Dallo studio si osserva inoltre che, rispetto alla Lombardia, la differenza di gettito è di 850 euro in più, tra l'altro, "a servizi spesso peggiori corrispondono imposte maggiori, con una perdita di reddito netto rispetto ai minimi di oltre il 7%".

Inoltre le imposte locali sugli immobili dovrebbero continuare a salire anche nel 2015, per attestarsi a 31,88 miliardi rispetto ai 27,80 miliardi di euro del 2013, tra Ici, Imu, Tasi, Tarsu, Tares e Tari. Tra il 2011 e il 2014, emerge dall'indagine che l'aumento è stato addirittura del 115,4%. Secondo il direttore dell'Ufficio studi, Mariano Bella, "la crescita della tassazione immobiliare violentissima riduce anche il rendimento netto degli immobili, crollano i prezzi e questo incide sulla riduzione dei consumi perché ci si sente più poveri".

Nonostante i dati presentati il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli vede rosa. "Con meno tasse e meno spesa improduttiva potremmo ricordare il 2015 come l'anno della ripresa". "Registriamo segnali di risveglio economico che non autorizzano a facili ottimismi, comunque, si evidenzia una inversione di tendenza, - ha spiegato Sangalli - che però deve essere supportata con politiche di sostegno della domanda interna partendo dall'abbassamento della pressione fiscale per famiglie e imprese".

Dall'analisi dell'Ufficio studi "emergono diverse criticità in merito alla pressione fiscale - ha proseguito Sangalli - tasse e spesa pubblica in crescita costante. Dal 2011 al 2014 il prelievo sugli immobili è aumentato del 115% e se dovessero scattare le clausole di salvaguardia subiremmo un nuovo aumento delle tasse di 72 miliardi". Per Sangalli, inoltre, "siamo di fronte a un federalismo fiscale incompiuto che non migliora ma peggiora i servizi, mentre aumentano gli oneri". "Ci auguriamo che il governo recepisca i nostri segnali e le nostre preoccupazioni sulle clausole di salvaguardia - ha concluso - perché devono essere diminuite le tasse in modo progressivo, sostenibile e generalizzato".

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