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Lavoro: Confesercenti, 2° livello contratto solo per imprese in grado di farlo

23 luglio 2015 | 16.17
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Mauro Bussoni segretario generale Confesercenti
Mauro Bussoni segretario generale Confesercenti

"Il secondo livello di contrattazione, quello aziendale, è da considerarsi aggiuntivo a quello nazionale ed è legato a criteri di produttività o premialità. Va bene per le imprese che sono in grado di farlo, per lo più grandi con una presenza sindacale strutturata in Rsa e Rsu. Ma nelle piccole imprese, in realtà, il 2° livello è diretto tra imprenditore e lavoratore perchè tra questi c'è una forte vicinanza e condivisione del lavoro e dell'impresa. E i premi, quando opportuno, vengono comunque erogati". Così Mauro Bussoni, segretario generale della Confesercenti, parla con Labitalia dell'ipotesi di riforma della contrattazione avanzata dalla Cisl.

"Quando si parla di contrattazione e del sistema per valutare la rappresentatività, si fa sempre riferimento ad aziende di grandi dimensioni; ma ci si dimentica -sottolinea l'esponente di Confesercenti- che la gran parte degli occupati in Italia sta nelle piccole e medie aziende. Per la precisione -ricorda Bussoni- il 95% delle imprese, ossia 5,8 milioni di aziende, ha meno di 9 dipendenti e assorbe il 50% dell'occupazione italiana".

Non solo. "Di questi 5,8 milioni di aziende con meno di 9 dipendenti -prosegue il segretario generale di Confesercenti- oltre 4 milioni sono imprese senza dipendenti. E si tratta del 66% del totale delle imprese".

Per Bussoni, quindi, "pensare di spostare tutto o gran parte del peso del contratto al secondo livello non ha proprio senso: è una cosa che in questo sistema produttivo non può proprio avvenire".

Anche l'ipotesi avanzata dalla Cisl di istituire "un significativo salario di garanzia da corrispondere ai lavoratori delle aziende in cui non si fa contrattazione di secondo livello", non trova d'accordo la Confesercenti. "Non si può -avverte Bussoni- mettere tutto insieme: una volta che si sottoscrive un accordo nazionale, il 2° livello è aggiuntivo e le imprese che sono in condizione di farlo, sono libere di farlo".

"Gli accordi aziendali hanno senso -conclude Bussoni- ma devono essere come un vestito su misura: misurati, tagliati e prodotti per quell'impresa e basta".

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