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Conti pubblici: Baretta, abbiamo diritto-dovere di chiedere flessibilità

29 marzo 2016 | 18.20
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Conti pubblici: Baretta, abbiamo diritto-dovere di chiedere flessibilità

"La flessibilità nelle regole europee su bilanci pubblici è cruciale per il successo delle riforme strutturali". A sostenerlo è il Centro Studi di Confindustria in una nota sottolineando che "la flessibilità di bilancio è stata pensata come un incentivo per adottare virtuose riforme strutturali e investimenti, per i paesi che sono riusciti, con alti costi sociali, a ridurre i deficit pubblici sotto la soglia del 3%. Oltre che per fronteggiare situazioni eccezionali, come un flusso migratorio straordinario, e una congiuntura economica particolarmente negativa".

L'indicazione è stata, naturalmente, sposata con favore dal governo che - per bocca del sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta - sottolinea come il nostro paese "ha il diritto-dovere di porre questo tema in Europa nel rispetto delle regole, in nome delle riforme fatte".

"Dalla nota emerge un sostegno all'iniziativa che il governo sta portando avanti per ridefinire le regole di gestione del bilancio in Europa", afferma Baretta. Ma, precisa, "ritengo che l'obiettivo non sia solo un allungamento dei tempi di rientro del deficit quanto la necessità di scorporare dal conteggio sul disavanzo le spese per gli investimenti pubblici e privati necessari per rilanciare la crescita".

Il Csc sottolinea come la clausola delle riforme "è la parte più rilevante della flessibilità, sia politicamente sia economicamente. Così come è stata ideata e applicata ha gravi limiti che ne minano l’efficacia. I limiti sono: la dimensione ridotta, pari al massimo a 0,5 punti di pil, e la concentrazione in un solo anno, che penalizzano quelle riforme che abbiano costi superiori alla soglia e protratti nel tempo; la rapidità del rientro, che impone la riduzione del maggior deficit in tre anni. Diventa così elevato il rischio di azzerare l’efficacia delle riforme stesse, a causa degli effetti recessivi delle manovre necessarie a riassorbire la deviazione consentita dalla clausola".

Inoltre, le manovre di rientro post-flessibilità, peggiorando nell’immediato la performance dell’economia, sottolinea il Csc, "minano il consenso politico alle riforme. Infatti, il peggioramento facilmente viene imputato dai cittadini alle riforme stesse, essendo l’uno contemporaneo alle altre".

In questo modo, rileva il Csc, "si accentua la percezione dei costi sociali delle riforme; ciò aumenta la probabilità del loro rigetto e rende più instabile il quadro politico. L’instabilità può arrivare al punto di far cadere i governi riformatori e affermare elettoralmente gli oppositori delle riforme, i quali finiscono per abolirle. Esempi di tale instabilità sono Spagna, Portogallo e Irlanda. Per contrastarla non è necessario aumentare il deficit, ma occorre rendere più graduale il sentiero di rientro".

Perciò, sostiene il Centro Studi di Confindustria, "occorre invertire l’orientamento del Consiglio europeo, recuperando lo spirito originario della flessibilità, aumentare l’ammontare massimo della deviazione consentita e prevedere tempi di rientro più lunghi". Inoltre, rileva, "va rivista la metodologia di stima del pil potenziale, poiché quella adottata dalla Commissione europea comporta disavanzi strutturali molto più elevati rispetto a quanto calcolato da Fmi e Ocse, richiedendo, quindi, aggiustamenti di bilancio più consistenti".

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