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Confindustria contro l'art.18. Cgil: "In piazza anche da soli"

22 settembre 2014 | 15.08
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Squinzi: "Imprenditori non si divertono a licenziare". Pd sempre diviso, Boschi esorta all'unità: "E' il momento per dimostrare che si vuole bene alla ditta". Damiano avverte Renzi: "Soccorso di Forza Italia avrebbe conseguenze politiche". Lotti: "Chi ha perso le primarie non può dettare la linea". Grillo attacca Renzi: "Una volta era il paladino dell'articolo 18". La Uil apre alle modifiche sull'art. 18: ''Ma solo per i neoassunti. Tutele acquisite non si toccano''

Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria (Foto Infophoto) - INFOPHOTO
Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria (Foto Infophoto) - INFOPHOTO

"Credo che l'abolizione dell'articolo 18, pur essendo un problema percentualmente non così fondamentale, sarebbe comunque un segnale molto forte, in modo particolare per gli investitori, soprattutto quelli stranieri". Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ribadisce la linea di Confindustria in materia di riforma del lavoro, intervenendo a margine dell'inaugurazione di Cersaie a Bologna.

"Gli imprenditori non si divertono a licenziare i propri dipendenti, soprattutto quelli che fanno il loro dovere e quelli bravi" sottolinea Squinzi. E spiega: "È chiaro che servono delle forme di tutela perché tutti siamo d'accordo che non si deve licenziare quando ci sono discriminazioni", ma le preoccupazioni circa la modifica dell'articolo 18, sono "un falso problema".

Non si fa attendere la replica di Susanna Camusso, segretario generale della Cgil. "Vedo dei repentini mutamenti di opinione, perché ricordo molte dichiarazioni del presidente di Confindustria che dicevano esattamente l’opposto". "La Cgil ha già detto e continuerà a ribadire che inizierà la mobilitazione - ribadisce Camusso -. Sarebbe utile per tutti che fosse unitaria, ma comunque noi non ci tireremo indietro".

All'interno del Pd però la riforma del lavoro continua a dividere e a scaldare gli animi. Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi esorta il partito all'unità. "Le riforme devono andare avanti, sicuramente non si fermeranno, noi sappiamo bene che nel nostro partito possono esserci discussioni interne, ma poi si marcia compatti". "Per anni ci siamo sentiti dire che dobbiamo essere un gruppo unito, che dobbiamo voler bene alla ditta - ha aggiunto Boschi - adesso è il momento di dimostrarlo".

Il gruppo Pd del Senato si riunirà domani mattina per il proseguimento della discussione sul Jobs Act, iniziata nei giorni scorsi. Alla riunione parteciperanno anche il ministro Giuliano Poletti e il responsabile Economia del Pd, Filippo Taddei. Nel frattempo si fa largo anche l'ipotesi di indire un referendum interno. Ma Cesare Damiano, presidente della commissione lavoro della Camera, frena: "Una possibilità reale di un referendum interno la vedo abbastanza remota". Damiano però avverte Renzi: "Sulle questioni economiche del lavoro dovrebbe essere rifiutato il soccorso azzurro. E' chiaro - spiega - che se fossero determinanti i voti di Forza Italia per tenere in piedi il governo su questo argomento, ci sarebbe anche una conseguenza politica. Non vorrei che Renzi riuscisse a fare sui temi del lavoro quel che non è riuscito a fare Berlusconi".

L'europarlmentare del Pd Pina Picierno, infine, si augura che "la polemica sull'articolo 18 non diventi uno strumento per regolare conti in sospeso. Questo partito e questo paese non ne hanno bisogno. Se così fosse -aggiunge- dovrei pensare che il Pd di Bersani era una ditta individuale. Il Pd ha invece l'ambizione di essere un partito. Sì plurale, ma compatto e unito nelle sue decisioni".

Le distanze all'interno del Pd restano. "Le decisioni vanno prese - sottolinea Alfredo D'Attorre -. Renzi deve accelerare sull'introduzione del falso in bilancio, sulla corruzione e sulla evasione fiscale. Sono questi gli elementi che frenano gli investimenti più dell'articolo 18. Noi vogliamo dare una mano, non ci sono e non immaginiamo alternative a questo governo. Ma questo non significa dire a Renzi sempre di sì. Il problema è non fare cascare male i lavoratori e gli italiani". Immediata la replica del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti. "Ricordo a D'Attorre che il segretario del Pd è stato scelto con le primarie sulla base di un programma chiaro. Qualcun altro ha perso le primarie e ora non solo pensa di dettare la linea ma lo fa prima ancora che si svolga una discussione nei luoghi preposti, come è la Direzione del partito".

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