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Congresso Sicupp, pediatri al centro della cultura vaccinale

21 giugno 2022 | 16.22
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La prevenzione delle principali malattie pediatriche è stata il focus della tre giorni a Catania. E in Sicilia urge recuperare le coperture perse per la pandemia, specie per gli adolescenti

(IPA)
(IPA)

A pochi giorni dalla chiusura del nono congresso nazionale della Società italiana delle Cure primarie pediatriche (Sicupp), tenutosi dal 9 all’11 giugno a Catania, il bilancio è positivo. I panel in programma hanno proposto confronti e aggiornamenti sulle tematiche che lo specialista in pediatria deve affrontare nelle diverse fasi di crescita del bambino. Molti gli interventi in chiave preventiva, tra cui anche le vaccinazioni.

La pandemia ha influito molto sul piano organizzativo alla riduzione degli accessi ai centri vaccinali, insieme alla paura da parte della popolazione di uscire di casa. Così molte famiglie non hanno vaccinato i bambini rimandando a momenti più adatti. Però la dispersione spesso non è possibile recuperarla”. Lo afferma Gaetano Bottaro, pediatra di libera scelta a Catania e tra gli organizzatori del congresso. Tra i primi vaccini a risentirne è stato quello contro il rotavirus, il quale è responsabile secondo l’Oms della forma più grave di gastroenterite virale nei bimbi al di sotto dei cinque anni e contro il quale proprio la Regione Sicilia introdusse nel 2013, prima in Italia, la vaccinazione universale. Raccomandato a tutti i bambini dalla sesta settimana di vita, la somministrazione va completata non oltre le 24 settimane. “

Lo consigliavo già quando era ancora a pagamento – ricorda Bottaro -. Dalla sua introduzione abbiamo assistito al crollo delle diarree gravi, che portavano anche al ricovero di bimbi sotto ai sei mesi e che possono essere di difficile gestione persino in ospedale”.

Ora la prevenzione vaccinale deve recuperare l’impatto delle misure anti-contagio sui servizi, che hanno indotto “gli uffici vaccinali a regolare l’accesso tramite prenotazione. Da qui il calo delle affluenze e ora è necessario che si facciano programmi di richiamo da parte della Regione. Noi pediatri continuiamo a fare educazione vaccinale però non sarà sufficiente senza un progetto di recupero della dispersione”.

Un discorso che vale anche per la meningite, specie quella del gruppo B che – sempre secondo Bottaro – “ha come criticità i diversi richiami, con schema a quattro dosi, che rende più impegnativo il raggiungimento della copertura. Tra l’altro non è eseguito insieme ad altri vaccini, contrariamente a quanto accade in Gran Bretagna, in cui è possibile somministrarlo con l’esavalente. E poi gli effetti a breve termine, ovvero il picco febbrile che può essere più alto e il dolore muscolare più duraturo nel punto di inoculo, per le famiglie possono innescare delle resistenze, dato che parliamo di vaccini raccomandati ma non obbligatori. Però parliamo di proteggere i bambini da malattie pericolose: personalmente ai miei pazienti consiglio tutti i vaccini previsti dal piano regionale e nazionale”.

E sulla meningite Bottaro evidenzia che “sebbene non comporti epidemie, il batterio è sempre presente sul territorio, basti pensare che il 10 per cento della popolazione pediatrica porta sia il meningococco che lo pneumococco nel naso. Non sempre si sviluppa la malattia in ogni momento della vita, però è un pericolo che non va sottostimato, innanzitutto per la salute del singolo”. L’avvertenza è soprattutto per l’età prepuberale e adolescenziale, difficile da raggiungere in ottica di recupero delle vaccinazioni. E pure la difficile sostituzione dei pediatri andati in pensione ha il suo peso, dato che “molti ragazzini sono stati dirottati ai medici di famiglia, che però non hanno la stessa cultura sulla prevenzione e la promozione della vaccinazione”, evidenzia Bottaro.

“Dovremmo forzare le nostre istituzioni affinché si possa vaccinare nello studio del pediatra: c’è già un accordo nazionale che lo permette, in molte regioni sta già accadendo, ma in Sicilia non siamo ancora riusciti a ottenerlo. La nostra schedula dei bilanci di salute prevede dieci tappe, che seguono tutte le fasi di sviluppo del bambino e che si sovrappongono alle tempistiche corrette per prime dosi e richiami, a partire dai primi mesi fino ai 12 anni – conclude il pediatra attivo nella provincia di Catania -. Se fosse già così, avremmo un’arma in più per dare una risposta al ritardo vaccinale”.

Sottolinea i dati sconfortanti per il papilloma virus, ma anche le coperture non recuperabili per il rotavirus anche la dottoressa Milena Lo Giudice, tra i relatori del congresso nazionale Sicupp e pediatra di famiglia a Palermo. “Parliamo di un virus che colpisce i bimbi nei primissimi mesi di vita e che può dare un ventaglio di manifestazioni che possono portare anche al ricovero o addirittura alla rianimazione. Prima dell’introduzione del vaccino si avevano undici decessi all’anno in Italia: il rischio di tornare indietro ce l’abbiamo se non attiviamo progetti di recupero”. L’offerta attiva e gratuita si scontra con la difficoltà che i siciliani hanno avuto di accedere ai centri vaccinali. “Palermo li aveva chiusi tutti, tranne uno, per alcuni mesi, poi l’ingresso è stato regolato con la prenotazione. quindi il problema non sta nel calendario regionale. Poter vaccinale nello studio medico del pediatra di famiglia sarebbe la svolta, però gli ostacoli burocratici da superare non sono pochi”.

Se, sempre secondo l’esperienza di Lo Giudice, il rotavirus sconta la percezione di non essere una malattia grave, la meningite allerta maggiormente i genitori. “Però la pandemia ha fatto allontanare la fascia degli adolescenti – continua la pediatra –. Parliamo di richiamo per il meningococco B e per i ceppi ACWY. Sono vaccinazioni non obbligatorie, quindi se le famiglie non sono ben informate e guidate vediamo che c’è un calo di attenzione. Iniziative come gli open day, che alcuni centri, come a Palermo, stanno attivando, sono utili correttivi”.

L’invito ai colleghi, specie ai professionisti giovani, è di ascoltare le paure dei genitori, “alle quali si risponde dando più informazioni possibili, facendo comprendere i dati – sottolinea Lo Giudice -. Perciò invito i pediatri a studiare, a conoscere a fondo il tema per rispondere alle paure delle famiglie con conoscenze salde. Mi è capitato che qualcuno temesse il vaccino contro la meningite, perché convinto che all’interno ci fosse il batterio e che quindi fosse la reale causa della malattia. A questi dubbi occorrono risposte e per farlo occorre studiare bene”. La sottolineatura nasce anche dalla consapevolezza che pure in emergenza Covid “ci sono stati anche pediatri no vax. Se vogliamo che diventino referenti delle vaccinazioni ai più piccoli, dobbiamo puntare molto sulla formazione. Pensando agli specializzandi, la formazione in vaccinologia va migliorata. Mentre è bene che i colleghi seguano corsi di aggiornamento, per dare poi indicazioni chiare alle famiglie”.

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