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Consiglio di Stato: Federazione Italiana Pallacanestro discrimina gli atleti italiani formati all’estero

18 giugno 2014 | 15.43
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Annullato dai giudici di Palazzo Spada il verdetto del Tar che aveva rigettato il ricorso di un cestista italiano. All’atleta, sulla base del regolamento della Fip, era stato negato il tesseramento con lo status di “atleta di formazione italiana”

(Infophoto) - INFOPHOTO
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Un atleta italiano non può essere discriminato rispetto ad altri solo perché la sua formazione tecnica si è svolta fuori dall’Italia. Lo ha stabilito, come si legge su ilquotidianodellapa.it, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato annullando, con sentenza n. 3037 del 17 giugno 2014, il verdetto del Tar che aveva rigettato il ricorso di un cestista italiano.

Al giocatore era stato negato il tesseramento nella Federazione Italiana Pallacanestro con lo status di “atleta di formazione italiana” perché, pur essendo cittadino italiano, era stato costretto, per motivi familiari, a vivere e formarsi tecnicamente negli Stati Uniti.

Il Tar aveva respinto il ricorso sulla base dell’art. 11 bis del regolamento della Fip che prevede che un atleta, per essere considerato “di formazione italiana”, deve essersi formato nei vivai italiani e aver partecipato a campionati giovanili della F.I.P. per almeno quattro stagioni sportive.

Il Consiglio di Stato non ha però condiviso le conclusioni del Tar e ha accolto l’appello del cestista. Per i giudici di Palazzo Spada infatti la disposizione regolamentare è discriminante in quanto tutela gli interessi economici delle società sportive, che massimizzano i profitti vendendo giocatori formatisi nei propri vivai, oltre a presentare profili di incompatibilità costituzionale e comunitaria.

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