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Contributi INPS, come chiedere i soldi indietro

14 gennaio 2017 | 07.09
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Foto di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Foto di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

E' possibile chiedere all'Inps contributi versati senza che diano luogo alla pensione? Per quanto riguarda la possibilità di restituzione dei contributi versati presso la Gestione Separata, si legge su laleggepertutti.it, in base al cosiddetto Decreto attuativo Legge Dini è preclusa dall’aprile 2001.

La norma, difatti, è l’unica fonte che consente, o meglio consentiva, la restituzione dei contributi accreditati nella Gestione Separata: nel dettaglio, la restituzione era possibile per la durata di un quinquennio a decorrere, rispettivamente, dal 30 giugno 1996, per coloro che risultavano già pensionati o iscritti a forme pensionistiche obbligatorie e dal 1 aprile 1996, per coloro che non risultavano iscritti alle forme pensionistiche obbligatorie.

Inoltre, la possibilità si riferiva esclusivamente, per i non iscritti alla previdenza entro il 31 dicembre 1995, cioè per coloro che hanno versato il primo contributo nel 1996, a chi aveva compito 60 anni di età entro il 1 aprile 1996. Lo scopo della normativa era quello di consentire di riavere indietro i contributi a chi, già in avanti con gli anni, avesse effettuato l’iscrizione alla Gestione Separata senza ottenere il diritto ad alcuna pensione.

Sfortunatamente, eccetto questo caso isolato, comunque ormai non più valido, a prescindere dall’età dell’interessato, non esistono altre normative che prevedono la restituzione dei contributi. La giurisprudenza in materia ha sempre avuto un orientamento negativo e restrittivo, riguardo alla tutela di chi, non avendo maturato i requisiti per la pensione, domanda la restituzione dei contributi “inutili”.

Le sentenze pronunciate sull’argomento riguardano situazioni in cui il ricorrente domanda la restituzione dei contributi ed il risarcimento del danno per aver versato contribuzione senza raggiungere la pensione: purtroppo, le decisioni negano sia la restituzione della contribuzione che il risarcimento, in quanto, secondo il parere dei giudici, i versamenti di contributi, volontari o meno, contribuiscono comunque ad innalzare i requisiti utili per il diritto e la misura della pensione, anche se da soli non sono sufficienti per raggiungerla.

I giudici ritengono dunque i contributi potenzialmente utili alla pensione non indebiti, né erronei e come tali non suscettibili di restituzione, né di dar luogo a un risarcimento, anche nel caso in cui il lavoratore abbia perso la propria occupazione e non li possa utilizzare in alcun modo.

Chi ha versato pochi contributi nella Gestione Separata e possiede già un’altra pensione, ad ogni modo, non li perde, ma li recupera, nel tempo, sotto forma di pensione supplementare; per ottenere la pensione supplementare basta possedere una pensione 'principale' in qualsiasi gestione, anche presso una cassa dei liberi professionisti, e non si ha necessità di raggiungere requisiti minimi riguardo al trattamento.

Vero è che il trattamento, essendo calcolato col sistema interamente contributivo, risulta, nella maggior parte dei casi, piuttosto esiguo, date le bassissime rivalutazioni e i coefficienti di trasformazione tutt’altro che generosi che caratterizzano questo metodo di calcolo della pensione (i coefficienti di trasformazione sono quelle percentuali che convertono il montante contributivo, cioè la somma dei contributi accantonati, in pensione).

Purtroppo, però, per quanto riguarda i contributi versati presso qualsiasi gestione facente capo all’Inps (non solo presso la Gestione Separata), non esiste possibilità di recuperarli, allo stato attuale, se non attraverso una pensione, a meno che i contributi versati non siano indebiti o erronei: una normativa piuttosto iniqua, in quanto il lavoratore dovrebbe essere libero di disporre delle somme da lui versate negli anni, ma dettata dal 'profondo rosso' in cui si trovano le casse dell’Inps e appoggiata, per di più, dalla giurisprudenza.

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