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Comunicato stampa

Copywriter freelance lui, psicoterapeuta online lei. Girano il mondo come nomadi digitali

22 dicembre 2022 | 16.03
LETTURA: 13 minuti

Copywriter freelance lui, psicoterapeuta online lei. Girano il mondo come nomadi digitali

Milano 22/12/2022 – Mentre il rapporto Censis 2022 fotografa un’Italia malinconica per via di “vulnerabilità economiche e sociali di lungo periodo” e degli effetti deleteri delle “quattro crisi sovrapposte dell’ultimo triennio” (pandemia, guerra alle porte, alta inflazione e morsa energetica), proprio quest’anno, una coppia italiana ha deciso di sfruttare tutte le opportunità disponibili al momento per vivere quello che, secondo un’analisi condotta da Volagratis, è il sogno del 64% dei nostri connazionali: viaggiare lavorando (o lavorare viaggiando, dipende dal punto di vista).

E, così, Luca Bartoli copywriter freelance – e Laura Princivalli psicoterapeuta online – a Gennaio si sono trasferiti 3 mesi a Cape Town in Sudafrica, sono tornati in Italia per poi ripartire per un road trip di tre settimane tra California, Nevada, Utah, Arizona con tappa al Coachella Festival, quest’Estate hanno surfato a Taghazout in Marocco e da inizio Ottobre vivono a Bali in Indonesia, da cui si sposteranno a inizio Gennaio ‘23 per trasferirsi in Thailandia per altri 3 mesi.

E tutto questo senza perdere un giorno di lavoro.

“Il principale vantaggio della psicoterapia online è il superamento dei limiti di tempo e spazio e, con esso, lo stravolgimento di molte convenzioni legate alla psicologia” afferma Laura Princivalli. “Le prime persone che bussavano ai miei schermi erano da un lato spinte da necessità (orari non previsti dalle aperture tradizionali degli studi o spostamenti frequenti che non permettevano una continuità in presenza) e dall’altro chi aveva già un ottimo rapporto con il mondo e le relazioni online (le nuove generazioni in particolare). Era il 2019 quando ho aperto il mio blog dedicato completamente alla psicoterapia online e in quel periodo pochi/e colleghi/e offrivano questa opzione, quasi nessuno contemplava l’idea di affrontare un intero percorso online. La pandemia e i lockdown hanno cambiato un bel po' le cose, ma questa ora è storia.”

Mentre per Luca Bartoli, che nella sua vita lavorativa precedente ha ideato campagne pubblicitarie per importanti marchi e grandi aziende “Chi si rivolge a un copywriter freelance (e non a un’agenzia pubblicitaria o una web agency NdR) sono nella maggior parte dei casi piccole-medie imprese. Spesso, è direttamente l’imprenditore di persona a contattarmi oppure possono essere singoli professionisti, studi professionali, agenzie piccole o medie… Il loro focus sono i risultati e 9 volte su 10 si tratta di ‘vendere di più’ – mi dicono – ‘comunicando meglio’ aggiungo io. E non sono interessati a come o da dove lavori per garantirgli questi risultati. Quello che gli interessa è promuovere i loro prodotti o servizi in modo efficace, colpire nel segno, attirare clienti, come fanno i grandi brand. Nella maggior parte dei casi, pensano sia solo un problema di budget, in realtà, è molto più una questione di metodologia. Ed è la prima risorsa che metto a loro disposizione.”

Una vita sempre connessi, grazie alla tecnologia.

Sebbene il telelavoro esistesse da tantissimi anni e le premesse tecnologiche fossero in gran parte già disponibili, solo con la pandemia questa pratica si è diffusa, per lo più sotto forma di smartworking (o lavoro agile), dimostrando anche ai più scettici i vantaggi di queste nuove modalità organizzative. Non a caso, come ha fotografato recentemente INAPP, tra i più entusiasti sostenitori del lavoro agile ci sono i datori di lavoro: il 66% di loro ritiene che incrementi la produttività e consenta il risparmio dei costi di gestione degli spazi fisici, mentre il 72% sostiene migliori proprio il benessere organizzativo.

“Quello che è accaduto nel mondo lavorativo, si è verificato specularmente nell’ambito terapeutico” racconta Laura Princivalli che prima di dedicarsi completamente alla psicoterapia online ha lavorato per 6 anni nelle Risorse Umane. “Nel 2020 le misure restrittive hanno imposto sedute online: chi voleva incontrare il proprio terapeuta poteva farlo solo attraverso uno schermo. Questo ha segnato un cambiamento totale nel modo di intendere questo tipo di rapporto: alla fine dell’emergenza, quando si è potuto tornare a incontrarsi di persona, nessuno che seguivo né nessun nuovo contatto che arrivava, accennava all’idea di ‘spostarci in studio’. Anche per chi si era avvicinato/a a questa novità con iniziale scetticismo i vantaggi della terapia online – in termini di tempo, flessibilità, continuità, privacy, possibilità di scelta e servizio “a domicilio” – erano ormai irrinunciabili.

“Piccole-medie imprese, professionisti, studi professionali, agenzie piccole e medie, oltre al focus sui risultati, hanno un’altra caratteristica che li accomuna” afferma Luca Bartoli, che prima di diventare copywriter freelance ha lavorato per 12 anni, sempre come copywriter, in agenzie pubblicitarie nazionali e internazionali medie e grandi. “Non sono strutturati a livello di marketing e comunicazione. Questo significa che chi si occupa di questi ambiti – non di rado il titolare in persona – ha molte altre cose da fare e a cui pensare e non può dedicare a brief, debrief, allineamenti e presentazioni il tempo solitamente richiesto da un’agenzia di comunicazione, abituata a interfacciarsi con uffici marketing e vari responsabili della comunicazione disposti su scala gerarchica. Questo riduce al minimo indispensabile le riunioni, anche quelle online. Per ognuna di queste realtà, come per me, la variabile tempo è fondamentale. Ed entrambi preferiamo una conference call diretta al punto a un meeting di persona, una telefonata sintetica a una conference call e una mail ben scritta a una telefonata. Per questa ragione, le riunioni sono l’eccezione e non la regola. E quelle davvero necessarie possono essere gestite da qualsiasi fuso orario.”

La connessione a internet come condizione indispensabile.

“Una veloce e stabile connessione è sicuramente il primo dei nostri criteri – ammette Laura che come psicoterapeuta online svolge le sue sedute per lo più sotto forma di video-colloqui, o in alcuni casi di colloqui telefonici – insieme a location, sicurezza e costo della vita.

Dopo qualche anno in azienda ciò che mi pesava di più era la sensazione di allungare ogni giorno la mia lista di cose da fare, di posti da vedere, di esperienze da provare, di viaggi da intraprendere ma di non avere altrettante possibilità per farlo: dovevo concentrare tutto nei 30 giorni di ferie all’anno, impossibile. Quando abbiamo iniziato a progettare questa avventura (un bel po' di tempo prima di quando siamo partiti) quella lista ha iniziato a prendere vita in modo così concreto che abbiamo preso in considerazione quali fossero le nostre necessità, le infrastrutture e i servizi imprescindibili, le questioni burocratiche da non trascurare, ciò che ci serviva insomma. Ed è qualcosa di più dell’Oceano e delle palme, come si potrebbe pensare.”

“Attualmente viviamo in uno spazio di co-living e co-working “continua Luca. “Praticamente un aparthotel per nomadi digitali (all’italiana) e remote workers (espressione più usata all’estero), il cui centro gravitazionale – tra il bar caffetteria e la piscina, usata più per fare telefonate che per nuotare o prendere il sole – è una mega area per lavorare aperta 24 ore su 24, con caffè illimitato e oltre 60 postazioni tra open space, uffici privati e skype room. La struttura perfetta, progettata intorno alle nostre esigenze. Inoltre, sempre più Stati concedono visti speciali a chi, lavorando a distanza, decide di trasferirsi lì per 6, 12, 24 mesi o anche più a lungo. Il che significa che siamo diventati un target rilevante a livello di marketing, buyer personas che aziende e in questo caso anche Stati vogliono attirare. Cavolo, non mi sono mai sentito così dall’altra parte!”

Due nomadi digitali al di là dei cliché e degli stereotipi.

“La figura del nomade digitale è, almeno in Italia, legata a un certo grado di improvvisazione, di coraggio e anche di incoscienza. Nel nostro caso, ci sono state un po’ di pianificazione e di programmazione – confessa sorridendo la Dott.ssa Princivalli. – Prima di abbandonare il mio lavoro e dedicarmi completamente alla terapia online ho portato avanti in parallelo entrambe le attività per due anni. Verso la fine, significava lavorare 60 e più ore a settimana.

Ho fatto fatica inizialmente a indentificarmi con l’etichetta di nomade digitale proprio perché associata all’immagine di una persona al computer distesa su un lettino, sotto il sole, sulla spiaggia o a bordo piscina. Nel mio caso è semplicemente impossibile: la privacy nella terapia online è importante tanto quanto nella psicoterapia di persona. A chi si rivolge a me garantisco la tutela dello spazio terapeutico che si aspetta: ci sono solo io, senza distrazioni e con tutta l’attenzione che merita la sua storia, e l’interlocutrice/tore. Nel mio caso, ad esempio, neanche l’open space del co-working è adatto, serve una skype room (che non è sempre prevista poiché appunto, il mio è un lavoro anomalo per un nomade digitale). Le soluzioni si trovano, ad esempio, quando cerchiamo un alloggio selezioniamo strutture con una seconda camera, per farne il mio studio.”

“L’immagine stereotipata di chi lavora col portatile a bordopiscina o sulla spiaggia è quanto di più fuorviante sotto vari punti di vista” continua Luca che, come copywriter freelance rientrerebbe perfettamente nel cliché del nomade digitale. “Fa sembrare chi lavora in remoto una persona poco seria, non a caso è la rappresentazione visiva più usata dai così detti fuffa-guru per promuoversi. Oltretutto, è scomodo a livello pratico e operativo: la luce del sole è nemica di chiunque lavori al computer, per non parlare di sabbia e acqua. A me, come a ogni remote worker incontrato fino a oggi, per lavorare serve concentrazione, per me significa silenzio (o musica in cuffia), di certo non il vociare di persone in piscina o sulla spiaggia. E poi in quelle immagini non c’è mai una presa per il caricabatterie… Davvero c’è chi crede che un nomade digitale lavori il tempo di una sola carica di portatile?!?”

Nessun dubbio, nessun rimorso e nessuna nostalgia.

“La prima volta che mi sono resa conto di appartenere effettivamente alla categoria nomade digitale è stato sulla cima di Lion’s Head dopo circa un mese che vivevamo a Cape Town” confessa Laura “Durante una chiacchierata con un ragazzo incontrato in quell’escursione è stato chiaro per lui, quando ci ha chiesto quanto tempo passassimo lì e che cosa stessimo facendo, che fossimo remote workers. Quella è stata la prima volta in cui ho iniziato a realizzare davvero la scelta che avevo fatto, in un momento in cui mi stavo riempiendo gli occhi di uno dei paesaggi più belli del mondo poco prima di pianificare la settimana di appuntamenti successiva.

È stato certamente l’anno più pieno della mia vita, abbiamo vissuto in 4 continenti diversi, surfato su 3 oceani, incontrato persone da tutto il Mondo ed esplorato noi stesse/i. In Africa abbiamo lasciato un pezzo di cuore, gli Stati Uniti sono stati un sogno e l’Asia è stata un viaggio dentro me stessa disarmante. Abbiamo lavorato 52 settimane l’anno a qualsiasi orario e con qualsiasi fuso orario, senza mai essere completamente in off, e mai mi sono sentita così padrona del mio tempo e delle mie famosissime to do/to see/to try/to live lists. Il vero trait d’union di questa vita è, in fondo, il lavoro, che non stacchiamo mai. Non c’è una vacanza e non c’è una ripresa. Ci godiamo entrambi e nel mixarli ci permettiamo di sperimentare routine ed eccezionalità ogni giorno. Possiamo scegliere, e possiamo scegliere anche il livello di nomadismo. Il 2022 è stato l’anno in cui, da quando ho iniziato a lavorare, sono riuscita a passare più tempo con la mia famiglia, con le mie amiche e amici e a vedere persino più pezzi d’Italia e conto nel 2023 di fare lo stesso.

Dopo questi 6 mesi in Asia, abbiamo programmato di tornare in Italia per viverci la Primavera e l’Estate, per poi ripartire all’inizio di Ottobre” conclude Laura Princivalli. “In questo modo, ci godiamo sia la condizione di nomadi sia quella di stabili con la possibilità di incontrare famiglia, amici e tutte le persone care.”

“Vivere parecchi mesi all’estero è ottimo per cogliere altri modi di vita e mettere in discussione i propri, sperimentare i primi e non dare per scontati i secondi. Una delle prime cose che mi ha colpito di Cape Town è che lì, se incroci lo sguardo di un estraneo, quello ti sorride” racconta Luca. “Ti sorride e continua la sua strada: non si ferma, non ti ferma, non ti chiede nulla né prova a venderti qualcosa, come potrebbe pensare qualcuno. Ti sorride e basta. Colpito ne ho parlato a scuola (dei 3 mesi passati lì, in 2 frequentavamo una scuola d’inglese) e mi hanno spiegato che per la cultura sudafricana incrociare lo sguardo di qualcuno e non sorridergli è considerata maleducazione. Rientrato a Milano, mi sono chiesto spesso perché da noi sorridere a uno sconosciuto sia considerato strano e guardarlo con diffidenza sia normale. A chi giova vivere in un mondo così?

Al tempo stesso, stare così tanto fuori dai confini è un modo anche per capire quali sono gli aspetti migliori dell’essere italiani. E non parlo dei classici pasta, pizza e bidet. Prima di partire, non avrei mai immaginato di poter ritenere eccellenze italiane la nostra attenzione alla sostenibilità e la nostra sensibilità verso i temi ambientali. Una coscienza ecologica diffusa che passa da gesti per noi automatici come la raccolta differenziata dei rifiuti per favorirne il riciclo. Ho sempre dato tutto questo per scontato, poi vivendo in Africa e in Asia e un po’ anche girando per gli Stati Uniti mi sono reso conto che si tratta di un vero e proprio primato italiano, di cui ho scoperto di essere orgoglioso.”

Luca Bartoli è copywriter dal 2005. Ha lavorato in agenzie pubblicitarie nazionali e internazionali, firmando campagne per brand come Audi, SEAT, Lamborghini, McDonald's, LA7, MTV, Bayer, Gatorade, Rolling Stone Magazine, SKY, Seven e Invicta. Dal 2018 lavora come consulente freelance per PMI, liberi professionisti, studi professionali e agenzie. Collabora come Head of web copywriting con Stand Out, la prima agenzia specializzata in servizi integrati per il personal branding. Per contattarlo: info@lucabartoli.info

Laura Princivalli è psicologa iscritta all’Ordine degli Psicologi della Lombardia (matr. 19508) e psicoterapeuta. È fondatrice e autrice del blog Psicoterapeuta-Online.com dedicato alla psicoterapia online. Collabora con l’Associazione Il mio genere, che offre servizi dedicati a persone transgender. Ha all’attivo 2 pubblicazioni scientifiche internazionali nell’ambito della psicologia giuridica e forense. Per contattarla: info@psicoterapeuta-online.com

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