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Corbellini, Sos pseudoscienze, 50% italiani crede a numeri fortunati

28 marzo 2014 | 16.19
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Corbellini, Sos pseudoscienze, 50% italiani crede a numeri fortunati

Roma, 28 mar. (Adnkronos Salute) - "Le pseudoscienze e le credenze non scientifiche, riguardo a fatti scientificamente acclarati, sono largamente diffuse e fioriscono anche nelle società il cui funzionamento dipende sempre più, se non quasi del tutto, da conoscenze scientifiche di base e applicate". Lo sottolinea Gilberto Corbellini, docente di Storia della medicina e di Bioetica all'università Sapienza di Roma, che ieri è intervenuto alla conferenza 'Perchè ci lasciamo ingannare dai venditori di illusioni e come possiamo difenderci' all'Accademia dei Lincei.

"Nel gennaio scorso, mentre in Italia il caso Stamina infuriava - ha ricordato Corbellini - la National Science Foundation pubblicava il suo annuale 'Science and Engineering Indicators 2014', da cui risultava, tra molte altre cose, che la percentuale di americani che considerano l'astrologia non scientificamente fondata è scesa in due anni (dal 2010 al 2012) dal 62% al 55%. Qualcuno ha notato che forse anche questo è un indicatore del declino cognitivo dell'occidente, giacché in un paese orientale come la Cina questa percentuale è del 92%. Il segnale è particolarmente preoccupante se si considera che a giudicare l'astrologia una scienza sono soprattutto i giovani adulti (tra 55 e 45% tra 18 e 34 anni)".

In Italia, prosegue, "oltre il 50% di un campione valido crede esistano numeri più 'fortunati' di altri per le persone, e meno di un quarto sa come funziona il metodo scientifico. Nei paesi nordeuropei meno di un terzo in media coltiva superstizioni e oltre metà sa dire come si controlla l'efficacia di un farmaco. Nondimeno il consumo di medicine alternative o complementari è più diffuso nei paesi nordeuropei, che non in Italia".

"E' ormai piuttosto facile, anche per chi di mestiere fa lo storico - continua l'esperto - capire e spiegare quali processi e meccanismi comportamentali hanno fatto sì che così a lungo l'uomo si sia lasciato ingannare dai venditori di illusioni, e soprattutto come mai nonostante i successi eclatanti della scienza e delle tecnologie la stragrande maggioranza delle persone continui a credere in idee e procedure false o pseudoscientifiche. Esiste una letteratura monumentale da cui risulta che veniamo al mondo con un cervello e delle predisposizioni cognitive ed emotive che nella sostanza non sono diverse da quelle evolute dai nostri antenati per sopravvivere nel Paleolitico, e che se non educhiamo opportunamente i cuccioli umani e non facciamo una costante manutenzione degli strumenti critici che ci può fornire l'istruzione scientifica, la maggioranza di noi precipita molto facilmente nelle trappole delle credenze intuitive, che ci mettono alla mercé di diverse categorie di impostori".

"Se i meccanismi e processi che inducono o fanno preferire agli esemplari della specie umana di 'credere' senza 'controllare' sono ben descritti - dice Corbellini - meno chiaro è come riuscire a difendersi. Intanto ci si dovrebbe domandare perché difendersi; ovvero chi e in quanti riconoscono l'esistenza del problema, in quali termini. Probabilmente la questione è avvertita da una minoranza, e diventa di interesse generale quando esplodono casi eclatanti o abusi. Senza che ci si accorga che i casi esplodono perché esistono condizioni specifiche che lo consentono. Si può sostenere che più cultura scientifica risolverebbe il problema? Forse, ma non c'è da scommetterci".

Per l'esperto, "l'espressione 'cultura scientifica', nonché la sorella 'comunicazione scientifica' rimangono troppo vaghe, ed esistono indizi per cui si può ipotizzare che non sia tanto la cultura scientifica quanto piuttosto la comprensione critica di come funziona la scienza, che può essere acquisita solo attraverso specifici processi di istruzione, che può immunizzare contro le imposture della pseudoscienza e la loro contagiosa diffusione sociale. Ma questo significa usare nelle scelte politiche scolastiche e universitarie, soprattutto per quanto riguarda la formazione delle élite professionali, le migliori prove su come sia possibile o più probabile ottenere come risultati dei percorsi di apprendimento capacità di critica razionale, rispetto per i fatti controllati e autonomia di giudizio".

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