"Il vocabolario offensivo di Zaia è sintomo -e non certo il primo- di un declino culturale della nostra nazione, emblema di una classe politica approssimativa, mediatizzata e in possesso di scarsa cultura pubblica". Il commento è di Alberto Bradanini, presidente del Centro Studi sulla Cina contemporanea ed ex ambasciatore dell'Italia a Pechino nel periodo che va dal 2013 al 2015. "Talvolta -aggiunge il diplomatico parlando con l'AdnKronos- per farsi ascoltare occorrerebbe tacere".
"Cosa succede ai nostri politici? -prosegue poi Bradanini- Come può un esponente di primo piano -di un partito politico che è stato al governo dell’Italia e che aspira a tornarci- ricorrere a espressioni di tale genere?". Le critiche dell'ex ambasciatore sono rivolte alle affermazioni di ieri del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, il quale ha affermato in tv: 'li abbiamo visti tutti i cinesi mangiare i topi vivi o altre robe del genere...". In seguito Zaia si è scusato, dicendo che "non siamo culturalmente uguali e culturalmente abbiamo anche degli atteggiamenti diversi rispetto agli usi e costumi".
"La Cina -ricorda Bradanini- è un paese-continente e insieme un paese-civiltà. 1,4 miliardi di individui sono eredi di un percorso millenario di civilizzazione, la cui profondità è in tutta evidenza ignorata da chi si serve di un vocabolario così brutale e mistificatorio nell’affrontare temi complessi".
"Si tratta certamente una nazione ancora in via di sviluppo sotto certi aspetti e piena di contraddizioni di natura politico-istituzionale, sociali ed economiche. E' un Paese, tuttavia, che merita un lessico attento e rispettoso, specie quando a ricorrervi è un rappresentante politico incaricato di difendere gli interessi italiani, in un momento per di più di estrema difficoltà per tutti".