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Coronavirus, il grido degli italiani all’estero: " Ci sentiamo abbandonati"

13 marzo 2020 | 16.16
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Amsterdam, Parigi e Londra: cinque connazionali raccontano all’Adnkronos come viene affrontato Covid-19

(Afp)
(Afp)

di Federica Mochi - Vivono a Londra, Amsterdam e Parigi. E come loro, sono tantissimi, in molti altri Paesi, ad affrontare questi giorni di emergenza sanitaria con paura, preoccupazione e sgomento. Gli italiani all’estero seguono con apprensione quanto sta accadendo in Italia e sono preoccupati della mancanza di provvedimenti dei governi dei Paesi nei quali vivono dove il coronavirus sta correndo con il piede schiacciato sull’acceleratore.  "Ieri il primo il ministro olandese ha invitato la popolazione a non fare eventi superiori alle 100 persone come se 99 non possano infettarsi - racconta all’Adnkronos Claudia Camillo, fotografa professionista 42enne ad Amsterdam da 3 anni - ha suggerito il lavoro da casa ma nonostante questo gli uffici sono aperti, la gente va ancora a lavorare. Ristoranti e caffè sono aperti mentre alcuni musei stamattina fatto storie dicendo che saranno chiusi ma non so se cambierà qualcosa".

Come lei ad Amsterdam vivono molti italiani. "Tutti abbiamo paura e ci sentiamo abbandonati – confessa - perché non si rendono conto della situazione e continuano a sottovalutarla. Qui se hai sintomi di dicono di stare a casa almeno una settimana e poi vedi come va. Se è tutto ok amen, stai in quarantena, sennò ti fanno il tampone e se ti senti male devi chiamare il numero delle emergenze".

Claudia, palermitana, nei giorni scorsi ha firmato diverse petizioni online per chiedere al governo olandese di chiudere scuole e università, e ha contattato Rvim, il ministero della Salute olandese ma senza ricevere risposte. "Son in grossa pena - ammette -. Dovevo tornare a casa i primi di marzo ma il volo è stato cancellato. I miei genitori hanno 75 e 80 anni e sono soli, devono uscire di casa, mascherine non se ne trovano più e loro sono una categoria a rischio. Per me ogni giorni è angosciante perché vivo qui e devo confrontarmi con la paura di ammalarmi ed è angosciante anche per i miei genitori".

Stessa preoccupazione, a qualche latitudine di distanza, per Francesco, marketing manager di 28 anni di Bari e londinese d’adozione. "Qui varie aziende si stanno muovendo indipendentemente per fare test di smart working – spiega mentre lavora da casa - stanno usando questo tempo preziosissimo a disposizione per farsi trovare pronti a possibili scenari futuri. Qui stiamo vivendo la stessa situazione in Italia di un mese fa. Il virus è visto come qualcosa di molto lontano, dicono 'gli italiani non sono bravi a gestire le cose ecco perché è andato tutto storto'". Francesco esce di casa solo con guanti e mascherina ma non per questo è meno preoccupato. "Quando metto la mascherina è come se venissi bullizzato, mi dicono ‘ma che te la metti a fare?’. La situazione è assurda e dicono che il picco dei contagi qui si avrà a giugno".

A differenza dell’Italia, dove i supermercati sono stati presi d’assalto per pasta, conserve e altri prodotti alimentari, "a Londra a finire rapidamente è stata la carta igienica – dice – è stata letteralmente presa d’assalto, così come tutti i prodotti del brand Dettol, leader nel mercato di igienizzanti, che è sold out ovunque". Neanche a dirlo, anche le mascherine sono esaurite ovunque. "Non si trovano assolutamente da alcune settimane in tutte le farmacie di Londra – osserva ancora – e lo stesso vale per gli igienizzanti per le mani, tutto sold out".

La percezione dell’emergenza sanitaria però è una chimera. "Nelle strade la gente continua a camminare o a radunarsi come se nulla fosse – sottolinea Francesco - ci sono ancora i grandi eventi, ieri ne hanno fatto uno di cavalli, c’era tantissima gente ma assolutamente nessuna paura o l’idea che qualcosa possa accadere". Dal canto suo, come Claudia, Francesco sta firmando delle petizioni online per chiedere al governo inglese di chiudere le scuole e di mettere il Paese in lockdown, come ha fatto l’Italia. "Non vogliono farlo perché dicono che sia peggio visto che le aziende resterebbero aperte e i bambini non potrebbero restare in casa, finirebbero nei parchi e sarebbe peggio, è assurdo" dice rassegnato.

A sentirsi abbandonata è anche Giorgia Bruni, 34enne di Roma, tour operator di professione, da un anno e mezzo a Londra: "Non avrò nessun supporto nel caso avessi bisogno di cure -spiega amareggiata - nessuno si interessa della salute dei cittadini, piuttosto pensano a non  fermare il campionato. Ho paura perché vedo la gravità della situazione in Italia e lo stesso non sta accedendo qui. Per strada nessuno va in giro con le mascherine e tutto sembra normale. Sono in ansia perché so che sta per esplodere qualcosa, non posso tornare a Roma, sarebbe stupido, non mi sento tutelata da questo Paese. 'E’ solo una febbre, che ti importa?’ mi dicono gli amici inglesi che non hanno idea della gravità della situazione".  

A Parigi, anche Barbara, sales manager romagnola espatriata da 6 anni, teme il peggio. "Sono seriamente preoccupata dal momento che, a mio avviso, una città densa e frenetica come Parigi necessiterebbe più che mai di procedure rigide e misure urgenti per evitare la propagazione di questo virus – ammette -. Ad oggi percepisco una certa leggerezza che mi spaventa. ‘I dati sono irrisori’ sento dire".

Nella Ville Lumière nessuna misura di sicurezza è stata presa sui mezzi di trasporto "in metropolitana – racconta - è stato fatto solo un timido annuncio stamattina. Nessun provvedimento speciale è stato ancora messo in atto per favorire lo smart working da parte di piccole e medie aziende". Così come restrizioni o divieti particolari per i francesi. "Non c’è stata alcuna restrizione alla loro incontenibile e rinomata vitalità – spiega Barbara -. I parigini non sembrano turbati e proseguono indisturbati e più che mai accalcati gli aperitivi in terrasse. L’annuncio di Macron è arrivato solo ieri sera, giovedì, la chiusura delle scuole è prevista lunedì. Ma le elezioni municipali si faranno…".

Non sembra invece impaurita Arianna Comin, avvocato 30enne milanese, che vive e lavora a Parigi da 10 anni e insegna in un liceo. "La mia vita non è cambiata, fino a ieri sera ho continuato ad andare a lavoro al liceo, in assenza di misure adeguate da parte del governo". A letto malata ("ma mi ha visitata il medico e non è Coronavirus, solo una brutta sinusite" assicura), Arianna spiega che lei stessa non ha ancora preso consapevolezza di quanto sta accadendo.

"Non me ne rendo conto perché qui continuano a dirci che è un virus molto debole - osserva - che si diffonde rapidamente ma non rimane nell’aria e che bisogna essere vicino alle persone malate per beccarselo". A parte consigli "banali come non chiamare le emergenze o lavarti le mani, nessuno ha preso misure serie - conclude -. Fino a ieri sera si è continuato come se nulla fosse. Io non sono impaurita, reagisco in modo razionale, il fatto che sia malata non mi ha messo paura, so che sono sensibile a vie respiratorie e che mi ammalo ogni anno. Ma adesso la gente inizia a preoccuparsi".

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