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Coronavirus, indagine Nielsen: italiani preoccupati ma disposti ai sacrifici

14 marzo 2020 | 16.44
LETTURA: 3 minuti

Si informano almeno una volta al giorno sull'epidemia e sempre più da fonti istituzionali. Più della metà pensa che se ne uscirà in 4 settimane

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Un popolo preoccupato ma disposto a fare sacrifici e fiducioso di tornare alla normalità in tempi contenuti. Questo è il quadro che emerge dall'indagine condotta da Nielsen Global Connect in Italia sull'impatto del coronavirus sui cittadini del nostro Paese.

La quasi totalità degli italiani (98%) si informa almeno una volta al giorno sulla situazione sanitaria, un dato in linea con quanto rilevato nelle ultime tre settimane. Cresce però chi si informa attivamente più di una volta al giorno, sono l’86% degli italiani. Al contempo, se appena due settimane fa solo il 17% si dichiarava preoccupato riguardo all’emergenza e una settimana fa lo era il 25%, adesso è il 58% degli italiani a dichiararsi in stato di preoccupazione.

Le apprensioni crescono soprattutto al Nord Ovest (57%) che ora sono in linea con la media nazionale. Il Sud (64%) e in particolare la Campania (66%) si confermano le aree con maggior numero di italiani preoccupati. Le misure restrittive del Dpcm dell’8 marzo hanno trovato tra gli italiani un atteggiamento di condivisione e adesione ai provvedimenti adottati, e ben il 58% della popolazione ritiene i provvedimenti governativi corretti e solo il 5% li ritiene esagerati. Il 73% giudica inoltre blandi quelli finora intrapresi dagli altri Paesi. Per quanto riguarda le fonti informative, i notiziari/programmi TV restano il principale veicolo di informazione sul Coronavirus (80%). I siti istituzionali risultano la fonte con la crescita maggiore (li consulta il 48%).

“Gli italiani stanno dando fiducia alle Istituzioni – dichiara Stefano Cini, marketing analytics director di Nielsen Global Connect in Italia – Dalle nostre rilevazioni emerge un popolo con senso civico e capacità di sacrificio, sia in termini di vita sociale, sia in termini di adozione di precauzioni ulteriori quando si deve uscire per cause di forza maggiore (e.g. lavoro). Anche l’aumento di quanti si affidano alle fonti informative istituzionali è un dato molto positivo, che dà risalto alla rinnovata unità del nostro popolo, ma sottolinea anche il fatto che le ultime disposizioni governative trovano convinti e concordi sempre più cittadini”.

Nonostante l’aumento dei contagi verificatosi nell’ultima settimana, resta stabile la percentuale degli ottimisti (37%) che auspica un recupero entro le 4 settimane in linea con le manovre restrittive imposte dal governo. Ulteriore segnale positivo arriva dal ridimensionamento dei pessimisti (sono solo il 9%), ovvero di chi ritiene che serviranno più di 5 mesi. Cresce, invece, la percentuale di italiani che ipotizza tempi di recupero per il resto del mondo superiori ai 2 mesi (88%).

La quarantena ufficiale impatta in maniera significativa l’adozione di tutte le principali contromisure per evitare il contagio. Al primo posto resta sempre lavarsi le mani frequentemente (90%), ma gran parte degli italiani dimostra anche di aver recepito le misure di limitazione della socialità: l’88% evita luoghi pubblici e affollati, il 72% evita di viaggiare e il 69% evita l’uso di mezzi pubblici.

Continua a crescere anche l’adozione di misure di “protezione” di sé e degli altri come l’utilizzo di disinfettanti (65%) e coprirsi la bocca con fazzoletti dopo tosse/starnuti (65%). Seppure in crescita, l’utilizzo di mascherine è ancora limitato a meno di 1 italiano su 4 (24%).

Lo stile di vita degli italiani sta chiaramente cambiando, in armonia con le disposizioni governative. Il lavoro (29%), il reddito (24%) e l’istruzione educazione (19%) gli ambiti che rischiano più impatti. Aumenta poi molto la fruizione di contenuti video sia in televisione (55%) che su piattaforme online (41%). A livello di spesa alimentare, sale la percentuale di coloro che dichiarano di aver ridotto la frequenza di visita nei supermercati (40%), negozi di alimentari (38%) e mercati rionali (63%), ma allo stesso tempo aumenta la propensione a fare scorte di (28%).

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