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Jobs act: Corso (Oss. Smart Working), ddl su lavoro agile passo avanti

04 novembre 2015 | 13.17
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Jobs act: Corso (Oss. Smart Working), ddl su lavoro agile passo avanti

“Il ddl sul lavoro agile è un importante passo avanti per il nostro Paese”. Lo afferma Mariano Corso, responsabile scientifico dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, commentando il disegno di legge attuativo del Jobs act che punta a regolare lo 'smart working' nel nostro Paese.

“Negli ultimi anni, seppure in presenza di un quadro normativo rigido e disincentivante, si sono moltiplicati anche in Italia - spiega - i progetti per introdurre maggiore flessibilità nel lavoro in un’ottica di smart working: sempre più imprese ripensano l'organizzazione del lavoro mettendo in discussione i tradizionali vincoli legati a luogo, orari e strumenti di lavoro, per lasciare alle persone più autonomia nel definire le modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati".

L'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha fotografato la crescita costante del fenomeno, mettendo in luce come ormai una grande impresa su due abbia in atto, o stia avviando in modo più o meno strutturato, iniziative di smart working. "La piena diffusione dello smart working tra i lavoratori e la sua adozione, specie tra le pubbliche amministrazione e le piccole e medie imprese, restano tuttavia ancora insoddisfacenti", sottolinea.

"Uno dei principali freni allo smart working - avverte Mariano Corso - è stato fino ad oggi quello dell’incertezza del quadro normativo che, pur a fronte dei benefici sempre più evidenti, ha costituito per molti un vero e proprio alibi per non avviare il cambiamento. Il ddl sul lavoro agile contribuisce a eliminare questa incertezza sotto diversi punti di vista”.

“Innanzitutto - commenta - chiarisce la differenza tra lavoro agile e telelavoro, esplicitando che allo smart working non si applicano i pesanti adempimenti a carico delle imprese che hanno fortemente limitato la diffusione del telelavoro nel nostro Paese. Poi, ribadisce la natura volontaria sia da parte dei lavoratori che delle aziende dell’accordo, esplicitando che lo smart working deve portare a un reciproco vantaggio non costituendo in alcun modo una forma dovuta di welfare verso i lavoratori, né tanto meno un obbligo di questi a vantaggio dell’azienda".

"Indica che l’adesione allo smart working - prosegue - non può comportare riduzioni di retribuzione per il lavoratore. E chiarisce che, nel quadro di un comportamento maturo e responsabile da parte di imprese e lavoratori, lo smart working non porta ad alcuna riduzione della tutela in termini di salute e sicurezza sul lavoro”.

“Al di là di questi elementi specifici - dice il responsabile scientifico dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano - il passo avanti significativo risiede soprattutto nel riconoscimento dello smart working come strumento fondamentale non solo per un miglioramento del welfare, ma per la produttività delle aziende e delle persone, con l'opportunità di ripensare stili manageriali e modalità di gestione ormai superati".

"Complessivamente, quindi, il ddl, pur essendo una legge 'debole', che non è prescrittiva ma si limita a consentire e promuovere accordi tra lavoratori e imprese, va nella giusta direzione - ribadisce Corso - in quanto 'demolisce' molti degli alibi che avevano sin qui portato a non agire".

"Definita questa cornice normativa - conclude - spetterà, dunque, alle imprese il compito di avviare processi di smart working 'vero e profondo', evitando l’errore di farsi trascinare dall’effetto moda introducendo cambiamenti solo superficiali, per cogliere invece l'opportunità di ripensare profondamente cultura e modelli organizzativi, liberando così nuove energie dalle persone”.

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