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Cosa rischia Salvini

08 settembre 2018 | 13.22
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(Fotogramma)
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Sequestro di persona aggravato. E' il reato di cui è accusato il vicepremier e ministro dell'Interno Matteo Salvini per la vicenda della Diciotti, la nave della Guardia costiera rimasta prima al largo di Lampedusa e poi ormeggiata per diversi giorni nel porto di Catania con 177 migranti a bordo. La Procura di Palermo ha trasmesso gli atti al Tribunale dei ministri chiedendo ai giudici di svolgere le indagini preliminari nei confronti di Salvini. Il Tribunale dei ministri deciderà entro i prossimi 90 giorni le indagini da svolgere.

DI COSA E' ACCUSATO - La Procura di Agrigento aveva contestato a Salvini e al capo di Gabinetto del Viminale, Matteo Piantedosi i reati di sequestro di persona, sequestro di persona a scopo di coazione, arresto illegale, abuso d'ufficio e omissione d'atti d'ufficio. La Procura di Palermo ha modificato i reati contestati, l'unico che resta è il sequestro di persona aggravato.

COSA RISCHIA - Salvini ieri nella diretta su Facebook ha detto di rischiare "15 anni di carcere come pena massima a cui occorre, eventualmente aggiungere le aggravanti". L'articolo 605 del Codice penale sul reato di sequestro di persona recita: "Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da 6 mesi a 8 anni. La pena è della reclusione da 1 a 10 anni, se il fatto è commesso: 1) in danno di un ascendente, di un discendente, o del coniuge; 2) da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni. Se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno di un minore, si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso in presenza di taluna delle circostanze di cui al secondo comma, ovvero in danno di minore di anni 14 o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all’estero, si applica la pena della reclusione da 3 a 15 anni".

CHE SUCCEDE ORA - La palla ora passa al Tribunale dei ministri, che è la sezione specializzata del tribunale ordinario competente per i reati commessi dal presidente del Consiglio e dai ministri nell'esercizio delle loro funzioni. La materia è regolata dalla legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, che ha modificato, tra gli altri, l'art. 96 della Costituzione il quale prevede che "il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei Deputati , secondo le norme stabilite con legge costituzionale".

IL TRIBUNALE DEI MINISTRI - Presso il tribunale ordinario del capoluogo del distretto di Corte d'Appello è istituito un collegio composto di tre membri effettivi e tre supplenti, estratti a sorte tra tutti i magistrati in servizio nei tribunali del distretto che abbiano da almeno cinque anni la qualifica di magistrato di tribunale o qualifica superiore. Il Presidente del Tribunale dei ministri è Fabio Pilato, 52 anni, che fino a poco tempo fa aveva ricoperto la carica di giudice tutelare proprio presso il Tribunale di Palermo. Qui è stato tra gli ideatori del protocollo d'intesa siglato insieme con l'amministrazione comunale di Palermo per garantire l'accompagnamento ai minori sbarcati da soli sulle coste siciliane. Prima ancora si è anche occupato di rifugiati e riconoscimento di status e protezione sussidiaria. L'altro giudice è Filippo Serio che proviene dal Tribunale del Riesame. Nel 2011 il suo nome è finito in una lista nera di "amici degli immigrati" pubblicata su un sito neonazista (Stormfront). Il suo nome finì su quella lista perché aveva annullato la misura cautelare per un migrante perché l'ordinanza non era stata tradotta in lingua inglese. Inoltre il giudice è stato anche in prima linea nelle inchieste sulle spese pazze dell'Assemblea regionale siciliana. Infine c'è Giuseppe Sidoti che ha una esperienza di magistrato fallimentare.

ARCHIVIAZIONE O TRASMISSIONE DEGLI ATTI - Il tribunale dei ministri, entro 90 giorni, compiute indagini preliminari e sentito il pubblico ministero, può decidere l'archiviazione - non impugnabile - oppure la trasmissione degli atti con una relazione motivata al pm, affinché chieda l'autorizzazione a procedere alla Camera di appartenenza dell'inquisito. Nel caso di Salvini la competenza è del Senato. Secondo quanto previsto dalla legge, la Camera competente può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, negare l'autorizzazione a procedere ove reputi, con valutazione insindacabile, che l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di governo.

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