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Cosenza, 55enne bulgara uccisa a Belvedere per una rapina finita in tragedia

18 settembre 2020 | 10.54
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Arrestato il presunto assassino, un 32enne individuato grazie alle impronte digitali e ai filmati delle telecamere posizionate nella zona

Fotogramma
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Alla base dell’omicidio di Aneliya Dimova, 55enne bulgara uccisa a Belvedere (Cs) la notte fra il 29 e 30 agosto e ritrovata con la testa fracassata e in una pozza di sangue, ci sarebbe stata una rapina finita in tragedia. E' quanto hanno accertato le indagini dei carabinieri di Scalea (e del Ris di Messina) che stamattina, coi colleghi di Belvedere, hanno arrestato il presunto assassino, un 32enne residente a Belvedere, individuato grazie alle impronte digitali e ai filmati delle telecamere posizionate nella zona.

Nelle immagini riprese dalle telecamere, infatti, si vede il 32enne entrare nella casa della vittima poco dopo le 2 di notte del 29 agosto per uscirne alle 2.40. E, secondo l’autopsia, la morte è avvenuta proprio intorno alle 2. Con ogni probabilità, l’assassino ha colpito la vittima in testa con una bottiglia di liquore, per poi soffocarla (la donna è stata trovata con la federa del cuscino sul volto). Lo scopo era quello di rubare la sua fede, altri monili, il telefonino e una borsa. Dopo averla uccisa e rapinata, l’uomo si è recato da un compro oro per vendere il bottino, ma gli inquirenti, dopo aver visionato le immagini registrate dalle telecamere dello stesso compro oro, hanno sequestrato gli oggetti per poi, tramite l’esame biologico, ricondurne la proprietà alla donna.

Con in mano questa serie di solidi indizi, i carabinieri, dopo aver perquisito casa e auto dell’uomo, lo hanno fermato per approfondire gli elementi ed escludere che si trattasse di un semplice ricettatore. E così il 32enne è stato sottoposto al prelievo coattivo delle tracce biologiche (seguito al suo rifiuto), che nelle prossime ore saranno confrontate dal Ris di Messina con quelle raccolte a casa della donna. Ma l’elemento per ora determinante nel ritenere il 32enne fortemente indiziato è stato il raffronto delle impronte digitali con quelle rivelate dalla vittima, che ha portato il comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza, Pietro Sutera, a parlare di "quasi certezza" della colpevolezza dell’uomo.

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