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Teatro: Coulibaly mette Africa in scena e su migranti critica politici africani

17 settembre 2018 | 17.02
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Un momento dello spettacolo 'Kirina', firmato da Serge -Aimé Coulibaly
Un momento dello spettacolo 'Kirina', firmato da Serge -Aimé Coulibaly

''Non è tutta colpa dell'Europa e dell'Occidente, anche i politici africani hanno le loro colpe sul destino dei loro popoli, sulla 'necessità' delle migrazioni''. E' quanto ha dichiarato il coreografo e regista, originario di Burkina Faso, Serge -Aimé Coulibaly, che apre con il suo spettacolo 'Kirina' il 19 settembre al Teatro Argentina di Roma la XXXIII edizione del Romaeuropa Festival. Ed ha ancora aggiunto: ''In Europa e soprattutto in Italia si parla troppo spesso ormai di migrazioni, ma a ben guardare le persone che vengono dall'Africa sono in numero minore rispetto a quelle degli altri Paesi''.

''Sono convinto, comunque - ha proseguito Coulibaly- che la stampa, i media si stiano troppo concentrando su questo fenomeno, enfatizzandolo, esasperandolo. In fondo la storia dell'Africa è il racconto di una terra antica, ricca di cultura e tradizioni, forte di un immenso patrimonio, ma soprattutto della sua ricchezze. Ed è quello che vuole 'raccontare' il mio spettacolo. Perchè nulla è perduto per l'Africa. Abbiamo, tutti, fiducia nelle nuove generazioni''.

'Kirina,' che sarà in scena fino al 22 settembre, nasce dall’energia di una crew d’eccezione composta da Serge-Aimé Coulibaly, Rokia Traoré e Felwine Sarr, Kirina, opera africana per 9 danzatori, 1 attore, 4 musicisti, 2 cantanti e 40 figuranti (selezionati, per le repliche romane, tra gli studenti dell’Accademia Nazionale di Danza). Definito dal New York Time come uno spettacolo ''sorprendente'' capace di fondere sulla scena danze rituali, 'estasi' coreografiche, musica propulsiva e una narrazione ammaliatrice in lingua francese che riesce a dar vita a un’arte fresca ed elettrizzante.

'Kirina' nasce, dunque, nel segno dell’incontro tra mitologia africana e cultura occidentale. Fonte d’ispirazione per i tre creatori è, infatti, la mitologia mandinga e in particolare l’epopea di Soundjata Keita, il poema epico che racconta della fondazione dell’Impero del Mali nel XIII secolo. Il titolo dello spettacolo è il nome della località situata nell’odierna Guinea dove si è svolta l’ultima battaglia da cui è nato l’impero mandingo. Un momento storico in cui si potrebbe individuare l’origine di una storia africana radicata nel rispetto della dignità umana e caratterizzata da un lungo periodo di pace e prosperità.

Trasmessa dalla tradizione orale in molte versioni e diverse lingue, l’epopea ha occupato e continua a occupare un posto molto importante nella cultura dell’Africa Occidentale fungendo da fonte d’ispirazione per molti artisti. Ma questo bagaglio culturale è per Serge-Aimé Coulibaly solo un modo per far risuonare il presente, restituire un’immagine dell’Africa lontana dagli stereotipi con cui è raccontata dai media occidentali, rintracciare i punti di contatto tra la storia di due continenti e visualizzare la marcia eterna del mondo.

In scena cumuli di abiti, danza tradizionale e contemporanea, musiche energiche e coinvolgenti disegnano la marcia di un popolo in continuo movimento e trasformazione a sua volta narrata dallo slam-rock di un 'griot', ricontestualizzato nel presente ma capace di attraversare la Storia. Ieri come oggi. Esilii, spostamenti, lotte, ricchezze e povertà e incontri spingono l’uomo verso il futuro.

'''Kirina' ci introduce ai temi e ai percorsi che saranno affrontati durante Romaeuropa Festival 2018- ha dichiarato Fabrizio Grifasi, direttore generale e artistico della Fondazione Romaeuropa, presieduta da Monique Veaute - Un Festival Mondo (titolo di questa edizione 'Between Worlds') che fisicamente intercetta e convoglia pensieri e progetti, incrocia temi e questioni che sono al centro del nostro vivere come modalità di libero sviluppo della ricerca artistica. Racconto del presente - ha spiegato ancora- attraverso le opere degli artisti più significativi della scena internazionale. L’essenza stessa della nostra missione, infatti - ha spiegato ancora Grifasi- si colloca in questo spazio, 'in between', luogo di mediazioni e riconciliazioni tra opposti, ambito di riflessioni e accoglienza''.

Ed è in quest’ottica che il Festival proseguirà nel mese di settembre all’Auditorium Parco della musica con il live della maliana Oumou Sangarè, altra icona della world music che presenterà il suo ultimo album Mogoya (22 settembre), con il teatro 'documentato' degli spagnoli Agrupación Señor Serrano che con 'Kingdom' affronteranno il tema del capitalismo affiancandolo ironicamente alla figura di King Kong e alla storia delle banane (25 e 26 settembre) e con i việt kiều raccontati dalla giovane Caroline Guiela Nguien nel suo 'Saigon', spettacolo toccante e intenso interamente ambientato in un ristorante vietnamita, ponte d’incontro tra il Vietnam degli anni Cinquanta e la Francia di oggi (29 e 30 settembre).

Tra gli altri appuntamenti (sempre al Teatro Argentina) quelli con gli israeliana Sharon Eyal e Gai Behar, alla guida della compagnia L-E-V, presenteranno il seducente 'Love Chapter' II (il 25 e il 26 settembre), mentre il libanese Omar Rajeh in '#minaret' si interrogherà sul ruolo dell'Occidente dinanzi ad atti di distruzione, come quello che ha raso al suolo Aleppo e la sua storia, in una coreografia per corpi, droni e suoni (29 e 30 settembre). Passaggio di testimone tra Short Theatre e il REf18 è invece la performance 'The Quiet Volume' di Ant Hampton e 'Tim Etchells' nella Biblioteca Enzo Tortora (via Nicola Zabaglia, dal 20 al 29 settembre). Talk di approfondimento e momenti di confronto sono in programma, invece, il 18 Settembre nella sede dell' Opificio Romaeuropa (ore 18.30) con Felwine Sarr in dialogo con Aboubakar Soumahoro e Francesca Caferri, il 27 Settembre (sempre in Opificio alle 18.30) con Omar Rajeh e Paolo Matthiae e, il 29 settembre, con la franco-vietnamita Caroline Guiela Nguyen. Discussione post spettacolo il 25 Settembre con Agrupación Señor Serrano per il ciclo Post It.

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