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Covid, Bassetti: "Con variante Delta in vaccinati virus si ferma nel naso"

05 agosto 2021 | 14.12
LETTURA: 4 minuti

"Chi è immunizzato ha il 90% in meno di capacità di contagiare"

Covid, Bassetti:

I vaccinati contro Covid-19 possono contagiarsi con la variante Delta, ma non è vero che possono contagiare come chi non è vaccinato. "Bisogna fare chiarezza su questa cosa", afferma all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova.

All'origine del fraintendimento alcune interpretazioni delle parole di Anthony Fauci, immunologo consulente del presidente americano Joe Biden. "Tony Fauci ha parlato per 12 minuti, però - rileva Bassetti - ci si è focalizzati, soprattutto chi è contro i vaccini, solo su una parte di 20 secondi in cui parlava di questo esperimento fatto a Princeton, dove si è visto che c'è stato un gruppo di vaccinati e non vaccinati che avevano stessa carica virale. Però attenzione", ammonisce l'infettivologo: "Il vaccinato ha il virus nel naso e non ce l'ha nel polmone, e sono due mondi diversi. Avere il virus nel naso vuol dire avere un virus che in genere sta nel naso per 2 o 3 giorni perché gli anticorpi stanno soprattutto nei polmoni e quindi ci vuole il tempo affinché gli anticorpi arrivino nel naso a inattivare il virus. Tanto è vero che queste persone hanno sì una carica virale elevata, ma ce l'hanno per 2 o 3 giorni - precisa l'esperto - mentre chi non ha il vaccino la carica virale ce l'ha per 10-15 giorni e quindi è uno 'spreader', uno che dissemina virus, mentre il vaccinato ha una capacità di contagiare il prossimo del 90% inferiore agli altri".

"Nessuno è qua per dire che il vaccinato è libero da ogni problema - chiarisce Bassetti - però, se io sono vaccinato e ho anche un tampone positivo, la malattia grave non mi viene. Quindi, in un mondo ideale in cui siamo tutti vaccinati, a me non importa più neanche di fare il tampone, perché il virus diventa come un raffreddore".

"Avremo 5 milioni di persone contagiate? Bene. Ma quante andranno in terapia intensiva, mille? Su quelle mille andremo a fare il tampone e tutte le ricerche. Questo è il mondo ideale in cui mi piacerebbe vivere, ovvero dove c'è una popolazione di gente che è protetta per la forma grave. Questo - sottolinea l'infettivologo - è il messaggio che deve arrivare".

Bassetti precisa poi che "non è assolutamente vero che" nella battaglia contro Covid-19 "si punti tutto sui vaccini e non sulle cure". "Però - rimarca - io voglio capire perché, se ho la possibilità di avere una doppia rete di protezione, devo averne una sola. Preferisco averne due. E se la prima fallisce e si buca, avrò una seconda rete che sono i monoclonali, i farmaci antinfiammatori, l'anakinra, il tocilizumab, il cortisone, l'aspirina e tutti quei farmaci che noi continuiamo a utilizzare. Ma io - chiarisce - vorrei usarne sempre meno di farmaci, perché vorrebbe dire che la prima rete non mi fa passare di tutto".

Comunque, "adesso - ricorda Bassetti - abbiamo pubblicato, io come primo autore, delle Linee guida nazionali per la cura del Covid e quindi abbiamo un protocollo per le cure, abbiamo una serie di farmaci che funzionano. Però - ammonisce il medico - cerchiamo di non far diventare anche quella delle cure una battaglia politica: dire 'le cure domiciliari sono di destra, tachipirina e vigile attesa è di sinistra' è sbagliato".

"E' chiaro che è sbagliato dire 'paracetamolo e vigile attesa' - evidenzia poi - perché significa che io ti telefono e ti dico 'pigliati il farmaco poi se stai male vai in ospedale'. Questo è un errore clamoroso che non va fatto. Per cui le cure domiciliari sono innanzi tutto visitare il malato. E se c'è qualche medico che non visita la gente a casa, quello va segnalato perché è un medico che non fa il suo lavoro".

"Poi - sottolinea - ogni malato è diverso da un altro, quindi anche lì dare un protocollo unico per tutti è sbagliato, perché ci sarà quello a cui devo dare l'aspirina, quello a cui devo dare la tachipirina, quello a cui devo dare l'ibuprofene, quello a cui devo dare i monoclonali, quello a cui devo dare il cortisone, quello a cui devo dare l'antibiotico e quello a cui devo dare farmaci antinfiammatori più potenti. Ma non posso dare o tutto o niente. Devo andare a individualizzare le cure. Per cui - ragiona l'esperto - il concetto è che la miglior cura domiciliare oggi è istituire un protocollo di collaborazione tra medici di base e ospedale perché noi abbiamo alcune conoscenze che loro hanno meno e loro hanno alcune conoscenze che noi abbiamo meno".

"Oggi bisognerebbe puntare sul miglioramento del rapporto tra ospedale e territorio - insiste Bassetti - Perché i monoclonali ce li abbiamo in ospedale, altre cure ce le ha il territorio ed è soltanto con una multidisciplinarietà e con un'interfaccia che si può migliorare la cura di questo virus".

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