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Covid: Codogno un anno dopo - il ricordo di una mamma, 'non passava mezz'ora senza sirene'

19 febbraio 2021 | 19.30
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Letizia Bacciardi
Letizia Bacciardi

Per settimane sono stati la 'Wuhan' d'Italia e hanno dovuto fare i conti con il primo esperimento di zona rossa, una sorta di stato di guerra: confini chiusi da posti di blocco dell'esercito, supermercati vuoti, razioni di cibo dalla protezione civile. E quelle sirene delle ambulanze, "che risuonavano almeno ogni mezz'ora" e rompevano un silenzio spettrale. Gli abitanti di Codogno e di altri nove Comuni della bassa lodigiana, 50mila anime in tutto, dal 23 febbraio 2020 sono un'enclave infetta, a cui il resto del Paese guarda con inquietudine e sospetto. Tra di loro c'è Letizia Bacciardi, residente a Codogno ma toscana di nascita, manager di un'azienda delle telecomunicazioni, mamma di due bambini di 4 e 10 anni, che rivive quasi incredula lo shock di quei giorni.

"Il 21 febbraio, quando a Codogno viene scoperto il primo contagio da Covid19 (Mattia, il paziente 1, ndr) ero andata al lavoro, a Milano, senza guardare le notizie, alle prese con le mie solite call dalla mattina. Arrivata in ufficio, il mio telefono comincia a surriscaldarsi: tutti sapevano che ero di Codogno e io non sapevo cosa fare. Sono tornata a casa e non ne sono più uscita", racconta un anno dopo all'Adnkronos. Con la bergamasca, il lodigiano è l'area della Lombardia che più è stata colpita dalla prima ondata della pandemia. "Conoscevo bene almeno una decina di persone che non ci sono più, uccise dal Covid. Solo nella mia strada, quasi ogni giorno c'era un nuovo ricoverato. Sembrava un incubo". La sensazione peggiore, spiega, era l'ansia per il cibo. "Temevamo di non riuscire a rifornirci, sembrava un film di fantascienza".

I suoi bambini all'inizio non hanno sofferto. "Erano felici perché non erano abituati a vedere così tanto i genitori a casa, poi hanno iniziato a sentire la nostalgia dell'asilo e della scuola e le cose sono cambiate". Il suocero di Letizia, 69 anni, finisce in ospedale per il virus e la nonna dei bambini resta sola per due mesi. A un certo punto, quando l'angoscia arriva alle stelle, "abbiamo deciso di spegnere la tv per un po'. Mia figlia più grande ormai si tappava le orecchie". Storie di famiglie che si somigliano, a Codogno e in tutta la Lombardia, con la solitudine accentuata dalla cautela e dal sospetto con cui gli abitanti di zone meno colpite dal virus, cominciano a trattare chi vive in quelle più a rischio. "Ricordo che a marzo dovevo cambiare la lavastoviglie e quando ho detto che ero di Codogno è sceso il gelo".

Un silenzio "imbarazzante" che "ha accompagnato anche le nostre vacanze estive". Ormai la città è un simbolo: "Perfino i miei colleghi americani e francesi parlavano di Codogno". Adesso, la provincia di Lodi è una di quelle con la minor incidenza di contagi per abitanti, in tutta la Lombardia. "La verità è che ci siamo rialzati subito. Lo shock è stato talmente tanto grande che, passata l'ondata, a Codogno tutti hanno tenuto la mascherina e azzerato i contatti. Dopo quello che abbiamo vissuto, non ci siamo mai lasciati andare". (di Vittoria Vimercati)

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