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Covid, Lopalco: "Chiusura discoteche è ultima spiaggia"

12 agosto 2020 | 18.50
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"C'è bisogno di qualche controllo in più e della giusta informazione ai giovani, che passa anche attraverso le famiglie" dice l'epidemiologo

(Fotogramma)
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"La discoteca è più controllabile della movida libera per il rispetto delle regole utili a limitare i contagi da coronavirus. Ma, ovviamente, c'è bisogno di qualche controllo in più e della giusta informazione ai giovani, che passa anche attraverso le famiglie. La chiusura di queste strutture deve essere l'ultima spiaggia". Lo sostiene Pier Luigi Lopalco, epidemiologo dell'università di Pisa e consulente della Regione Puglia per l'emergenza Covid-19.

"Questo è il ragionamento che abbiamo fatto in Puglia per l'apertura delle discoteche all'aperto - spiega all'Adnkronos Salute l'esperto - i ragazzi che ballano all'interno di una discoteca lo fanno in condizioni più controllate rispetto a quelle che seguirebbero altrove, nella cosiddetta 'movida'. Per questo considero inopportuno chiudere le discoteche: i ragazzi troverebbero da soli le alternative, in feste sulle spiagge, in città. Aggregandosi liberamente. Con più rischi". E' ovvio che "dobbiamo scoraggiare assembramenti eccessivi e scarso rispetto delle regole. E se nella realtà dovessero verificarsi situazioni ad alto rischio, questa prospettiva andrebbe sicuramente rivista".

Ma per l'esperto si tratta di un tema da affrontare globalmente. "Discoteca e movida vanno considerate insieme. Chiudere le discoteche e lasciare alla libera iniziativa l'aggregazione dei giovani sarebbe ipocrita. Si sposterebbe solo altrove il problema". Serve sicuramente il controllo sul rispetto delle regole "ma soprattutto informazione, anche nei luoghi dove i ragazzi si riuniscono. E nelle famiglie, che restano il punto di forza dell'educazione dei ragazzi. I nostri giovani sono in grado di intendere e di volere, ma vanno informati. Ciò a cui stiamo assistendo oggi è frutto di una comunicazione sbagliata. E' passato il messaggio che il virus fosse scomparso e che i ragazzi fossero immuni. Ma se facciamo loro capire che il virus è ancora un problema reale - e che lo è anche per loro - le cose cambierebbero", conclude Lopalco.

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