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Crisanti: "Dire 'virus è morto' ha avuto impatto"

11 ottobre 2020 | 15.32
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Crisanti:

"Molti hanno sottovalutato tutto, non scordiamoci la dialettica di giugno, luglio e agosto, quando si diceva che il virus era morto e clinicamente non più rilevante. Queste affermazioni hanno avuto un impatto, se la comunità scientifica fosse stata unita e solidale forse avrebbe avuto voce in capitolo in merito a determinate scelte". Sono le parole del professor Andrea Crisanti ospite di Mezz'ora in più su Raitre.

"Se a giugno avessimo investito pesantemente in prevenzione e sanità pubblica, non ci troveremmo in questa situazione. Sono stati investiti soldi per le rianimazioni, ma l'epidemia è un problema di sanità pubblica e non di ospedali: se non si investe in prevenzione e sorveglianza, i casi sono destinati ad aumentare. Mascherine e distanziamento da soli non fermano la trasmissione", afferma.

"Abbiamo dimostrato che se una persona convive con un malato le probabilità di difendersi dall'infezione sono bassissime. E' molto difficile difendersi dal virus in casa se non si hanno doppie camere e doppi bagni, come non hanno le famiglie medie italiane", dice.

Crisanti ha proposto un piano da 3-400mila tamponi quotidiani. "Penso che sia ancora una cosa realistica con l'investimento giusto, nel giro di 2-3 mesi si potrebbe arrivare a questa capacità. In assenza di vaccino e di una terapia, l'unico modo per spegnere la trasmissione è il ricorso al test per le persone vicine alla persona malata: familiari e colleghi. Sappiamo quanto tempo passa tra infezione e positività, possiamo anche accorciare le quarantene: se una persona non si infetta a 3-4 giorni dal contatto, non si infetta più".

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