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Crisi governo entra nel vivo, Conte alla sfida in Aula

18 gennaio 2021 | 09.19
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Il premier: "La situazione non è affatto semplice". Tra poco il discorso alla Camera "sulla situazione politica in atto". A quanto si apprende non dovrebbe fare nessun accenno a Matteo Renzi nel suo discorso, nessuna nota polemica. Sui numeri restano molti interrogativi

(Foto Fotogramma)
(Foto Fotogramma)

"C'è una crisi in corso", "la situazione non è affatto semplice". Così il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, intercettato dal Tg2 nei pressi di Palazzo Chigi. Tra poco la crisi di governo entrerà nel vivo, quando Conte si presenterà alla Camera (e domani mattina al Senato) per la comunicazione "sulla situazione politica in atto", come reso noto da Palazzo Chigi. In gioco c'è sì la sopravvivenza del governo ma anche il futuro politico di Conte. A quanto pare il premier non dovrebbe fare nessun accenno a Matteo Renzi nel suo discorso, nessuna nota polemica. Se ci saranno, bisognerà saperle cogliere tra le righe delle sue parole. Che chiameranno al bene del Paese, al dramma dell’emergenza sanitaria e alla grande prova data dagli italiani in questo anno alle prese con una pandemia che non indietreggia ma avanza a grandi falcate.

Il discorso in Aula

Quindi la crisi economica e la responsabilità di dare risposte immediate in continuità con il piano vaccini - che vede per una volta l'Italia prima della classe e non fanalino di coda - e sul fronte ristori e sostegno alle categorie più colpite, che attendono altri segnali dal mondo della politica. Un inquadramento, in sostanza, dal quale emerge l’irresponsabilità di una crisi al buio in questo preciso momento storico, con tutte le sfide, anche internazionali, che attendono l'Italia nei prossimi mesi. Un discorso emozionale, che sappia colpire chi in queste ore tentenna, mentre il pallottoliere vede i numeri fermi tra 155 e 158 al Senato. Potrebbero salire, ma potrebbero anche scendere, perché "è difficile avere la fredda certezza numerica quando hai a che fare con la volubilità umana", confida chi gli è più vicino. Un discorso "alto, che parlerà al Paese e al Parlamento". Imperniato sulla trasparenza, sul perimetro dell'interesse dei cittadini. Su quel concetto di nuovo Umanesimo più volte toccato da Conte in questo anno e mezzo di governo.

Il premier si soffermerà sull’importanza dell’Europa, un'Europa a cui la pandemia ha impresso un nuovo passo, e del ruolo che sta ricoprendo in questa fase, sia nel presente che in prospettiva. Uno dei temi, viene fatto notare, che potrebbe essere un potenziale trait d’union per diversi parlamentari. E poi, guardando al futuro, il Recovery plan come occasione storica, un'occasione da non perdere per i giovani, per le 'next generation' che proprio venerdì scorso hanno proiettato il loro messaggio di speranza sulla facciata di Palazzo Chigi, oggetto della campagna 'Uno non basta'. Dunque lo sviluppo sostenibile e la transizione verde, la digitalizzazione, la ricerca, la scuola e l'università, ovvero temi assai cari a Conte.

E ancora i passi necessari per dare una spinta decisiva al paese, quella spinta che l'Italia attende da anni ma che è diventata ancor più urgente dopo i danni di una pandemia che ha falcidiato il tessuto economico e sociale del Paese. Le riforme del fisco, della giustizia e quella altrettanto cruciale della Pubblica amministrazione come sfide necessarie e imperdibili. E' facile che il presidente torni poi sul patto di legislatura, per un'accelerazione all'azione dell'esecutivo che da mesi ormai chiedono gli alleati di governo a gran voce e che potrebbe aprire un dialogo anche con chi, in queste ore ma anche nelle prossime settimane se si dovesse andare, come sembra, a un governo di minoranza, potrebbe aprire la porta alla maggioranza puntellandola. Per ora una speranza ridotta al lumicino, visto che la strada dei 'costruttori' sembra ormai essere evaporata, ferma su un binario morto.

Rebus numeri

Sui numeri restano molti interrogativi, alla Camera ma soprattutto al Senato dove i conti si faranno domani. Pd e M5s dicono no all'ipotesi di riportare Italia Viva nella maggioranza. Matteo Renzi si dice pronto a discutere "con chiunque, purché si mettano al centro le cose da fare". "Sicuramente non riuscirà il tentativo di far cadere il governo", ha affermato Andrea Orlando a Mattino cinque. "Pensiamo ci siano in Parlamento forze che hanno a cuore l'interesse del Paese. Forze moderate, liberali presenti in Parlamento e credo si manifesteranno quando sarà il momento di dare un segnale", ha poi sottolineato. Lo ha detto Andrea Orlando a Mattino cinque.

Nel frattempo però "l'operazione costruttori si è sgonfiata", ammette uno dei senatori che più si era speso in questi ultimi giorni di crisi di governo. L'appello di Nicola Zingaretti e un nuovo addio di una deputata di Italia Viva (Michela Rostan) avevano sparso un po' di ottimismo. Ma una nuova serie di contatti e riunioni h portato a un'amara constatazione: il 'soccorso' a Conte con la nascita di un nuovo Gruppo è nelle secche. Restando dunque fermo il no a Iv, si tratterà di mettere insieme una maggioranza di volta in volta. Tecnicamente possibile. "Politicamente un esecutivo fragilissimo", ammettono fonti governative. Tra l'altro, Iv a palazzo Madama dovrebbe tenere: salvo colpi di scena, non si hanno notizie di fughe di senatori renziani. E pare che non sia più sul tavolo l'ipotesi che Riccardo Nencini ritiri il simbolo al gruppo di Renzi.

Anche alla Camera, però, i numeri sarebbero 'ballerini'. "Trecentoquindici sì sono tanti -è il dato che rimbalza sulla chat dei deputati M5S- e i 38 renziani venuti meno tantissimi. Qui si stanno dando troppe cose per scontate".

Resta aperta ancor di più, a questo punto, la questione delle dimissioni di Conte e della nascita di un Conte-ter, con il premier e il M5s più orientati ad andare avanti con il 'bis' e il Pd meno convinto. Un nodo di non poco conto, visto che proprio questo avrebbe mandato all'aria l'ingresso nel governo dei centristi con il simbolo dell'Udc abbinato a quello del Ppe e benedetto dal premier, pronto a dare il suo imprimatur all'operazione. Un piano miseramente fallito sabato mattina dopo una telefonata tra il presidente dell'Udc Lorenzo Cesa e uno degli uomini più vicini al presidente del Consiglio, di stanza a palazzo Chigi. E così ora nulla più appare certo.

Renzi

"I numeri non ci sono", ha detto Matteo Renzi, ospite di 'Non è l'Arena' su La7, in vista del voto di martedì al Senato. "Perché non mi sono fermato? La nuova bozza del Recovery ancora non va bene" e ci sono "degli autorevoli ministri che non l'hanno nemmeno letta", risponde Renzi, secondo il quale "l'osso del collo lo sta rischiando l'Italia, non lo sto rischiando io". Quello che sta accadendo "non è lo scontro tra due ego, se martedì dovessero andar male le cose io continuerò a stare al posto mio". La crisi "ora, in piena pandemia, perché è ora che si gioca il futuro dell'Italia dei prossimi 20 anni, l'occasione di spendere quasi 300 miliardi e ora o mai più. A me sta a cuore spendere bene i soldi ora perché i debiti graveranno sui nostri figli, sui nostri nipoti".

Pd

Nei giorni della crisi di governo, "il Pd è una garanzia a tutela degli interessi nazionali". Così il segretario Nicola Zingaretti, aprendo la Direzione del Partito democratico nel corso della quale ha lanciato anche un appello ai cosiddetti 'costruttori'. "L'Italia ha diritto a una speranza e a una possibilità di rinascita", ha spiegato il leader dem, sollecitando ad "aprire una fase di concordia, di metodo concertativo e di ascolto del Paese per compromessi alti". Zingaretti ha poi sottolineato come "sarà opportuno, dopo il passaggio parlamentare, tornare in Direzione per valutate la situazione". Un passaggio che servirà a "garantire trasparenza", perché "è un dovere rivolgersi al Parlamento e chiedere la fiducia". "Bisogna garantire trasparenza affinché questa crisi arrivi e approdi all’interno di un percorso parlamentare", ha quindi ribadito il segretario, spiegando come sia "il Parlamento che deve sancire o meno la fiducia nel dibattito che in quella sede deve svolgersi. La parlamentarizzazione della crisi è questa e, come hanno convenuto il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica, è quello il luogo in cui stabilire quali decisioni si dovranno assumere".

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