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Mostre: a Vicenza il mondo nuovo di 'Thomas Jefferson e Palladio'

14 settembre 2015 | 12.30
LETTURA: 5 minuti

Virginia State Capitol (Foto di Filippo Romano) - Copy Filippo Romano
Virginia State Capitol (Foto di Filippo Romano) - Copy Filippo Romano

A Vicenza si inaugura sabato al Palladio Museum la mostra 'Thomas Jefferson e Palladio - Come costruire un mondo nuovo', a cura di Guido Beltramini in programma fino al 28 marzo. La rassegna accoglie con uno specchio, dove si riflettono il busto di Palladio e quello di Thomas Jefferson. Sono tante le domande che lo spettatore è portato a farsi, prima fra tutte cosa ci fa in un museo d’architettura Thomas Jefferson (1743-1826), colui che scrisse materialmente la Dichiarazione d’Indipendenza e fu il terzo presidente degli Usa? Jefferson è 'presente' al museo perché fu l’americano che più di ogni altro contribuì a dare un volto alla nuova nazione attraverso l’arte, l’architettura e il disegno del territorio. Fu un visionario ma anche un pragmatico, un uomo d’azione e insieme un intellettuale che conosceva il latino e il greco e che era convinto che il Nuovo Mondo si potesse costruire solo attraverso la razionalità e la bellezza.

'Thomas Jefferson e Palladio. Come costruire un mondo nuovo' è la prima mostra mai dedicata in Europa al grande palladianista americano. L'esposizione condurrà nel mondo di Jefferson, le sue collezioni d’arte, i suoi progetti di architettura, i suoi sogni ma anche le sue contraddizioni: attraverso disegni, sculture, libri preziosi, modelli di architetture, video e realizzazioni multimediali. In mostra sono esposte anche 36 fotografie di Filippo Romano, frutto di una campagna fotografica appositamente realizzata in Virginia nella primavera del 2014. Sono presenti inoltre i tre preziosi bozzetti originali di Antonio Canova per la statua di George Washington commissionata dallo stesso Thomas Jefferson.

Prima ancora che una mostra di architettura, questa di Vicenza è la mostra su un uomo, convinto che l’architettura potesse migliorare il mondo intorno a sé. Jefferson cominciò a studiarla dai libri, poi la visitò durante un lungo soggiorno in Europa, come ambasciatore degli Stati Uniti a Parigi. Costruì due ville per se stesso e molte altre per i propri amici. Con il progetto per il Campidoglio della città di Richmond stabilì le forme degli edifici del potere civile americano. Negli ultimi anni di vita, con la sede dell’Università della Virginia creò il prototipo del 'campus' universitario: un’architettura aperta, con le aule in padiglioni isolati che si affacciano, insieme alle residenze degli studenti, su un prato verde, coronato dalla monumentale biblioteca in forma di Pantheon. Un’idea di comunità e insieme la visione che sia la cultura il terreno su cui costruire i nuovi Stati Uniti d’America.

Per Jefferson Palladio era 'the Bible'. Chiamò la propria villa Monticello perché nei Quattro Libri aveva letto (in italiano) che la Rotonda sorgeva su 'un monticello'. Palladio per Jefferson era colui che aveva saputo tradurre la grande architettura romana antica per gli usi del mondo moderno. E soprattutto Palladio aveva creato 'la villa', la residenza dei gentiluomini (veneti, inglesi o americani) che curavano i propri interessi in campagna, crescendo sani nella natura e coltivando il proprio spirito con la lettura dei classici. Ma uno specchio può anche deformare. A differenza dei committenti di Palladio e dei suoi epigoni britannici, i proprietari americani per coltivare le loro terre si servivano degli schiavi. Lo stesso Jefferson ne possedeva un centinaio. Erano privilegi solo per bianchi i tre diritti che Jefferson aveva riconosciuto fondamentali della Dichiarazione d’Indipendenza: vita, libertà e 'ricerca della felicità'.

La mostra è dedicata alla memoria di Mario Valmarana, indimenticato professore alla University of Virginia, che dedicò una vita a creare ponti fra il Veneto di Palladio e la Virginia di Jefferson. È realizzata grazie al sostegno di Regione del Veneto e di Fondazione Cariverona, ed è frutto della collaborazione con Fondazione Canova di Possagno e con Stiftung Bibliothek Werner Oechslin di Einsiedeln. La mostra è parte di un progetto comune costruito con il Canadian Centre for Architecture di Montreal, che nell’ottobre 2014 ha ospitato il progetto fotografico 'Found in Translation: Palladio-Jefferson. A narrative by Filippo Romano'.

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