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L'intervista

Oliviero Toscani: "L'Occidente paga i suoi errori"

27 novembre 2015 | 15.04
LETTURA: 5 minuti

Oliviero Toscani (Infophoto)
Oliviero Toscani (Infophoto)

"Rinunciare alle libertà personali per combattere il terrorismo? Ci siamo presi troppe libertà, abbiamo impoverito i popoli, rubato quello che c'era da rubare e fatto i nostri comodi. Oggi ci rendiamo conto che forse non abbiamo fatto tutto nel modo giusto. Dobbiamo pagarne le conseguenze, perché la libertà di ognuno inizia dove comincia quella dell'altro, non dove finisce".

Perentorio e tagliente, come le 117 fotografie che fanno parte del volume 'Più di 50 anni di magnifici fallimenti' (GUARDA LA FOTOGALLERY) edito da Skira, sorta di testamento artistico che ripercorre la sua carriera, dove la provocazione è da sempre il filo rosso che lo lega all'arte della fotografia, "Ma io non parlerei di testamento - afferma - il testamento si fa quando si muore". Non usa mezzi termini Oliviero Toscani, che con l'Adnkronos commenta i fatti di Parigi, affrontando anche il mondo della moda e della tecnologia, quest'ultimo colpevole, "come l'eroina" di "uccidere" la creatività dei giovani.

"Non mi interessa tanto la rete, non passo le mie giornate su internet - afferma Toscani - Chi lo fa perde tempo e non ha immaginazione. Oggi i giovani passano il tempo davanti a un monitor e la tecnologia diventa una droga, una dipendenza. Non stimola la creatività ma la uccide. E' come l'eroina, alla fine ti fa diventare un cretino". Toscani punta il dito anche contro i social network, compreso Instagram, vetrina di molte campagne pubblicitarie e usata oggi in modo frenetico da fotografi e modelle.

Recente il caso di Essena O'Neill, modella e star dei social, che ha chiuso il suo account su Instagram denunciando un mondo artefatto, messo in piedi per influenzare i follower. "Non vado su Instagram, non so neanche come si faccia - sottolinea il fotografo - Non mi interessa. Con questo non voglio dire che sono contrario alla tecnologia, anzi, la tecnologia serve. Solo che purtroppo, soprattutto i giovani sono dipendenti da questo sistema, ma non credo che sia utile a loro, al contrario, li danneggia".

Nel libro Toscani ripercorre la sua carriera, dal lungo sodalizio con Benetton (durato oltre trent'anni e interrotto bruscamente nel 2000, quando realizzò la campagna 'Sentenced to death' che ritraeva dei condannati a morte) al corpo 'corroso' e consumato dall'anoressia di Isabelle Caro per No.l.ita, una campagna choc rimasta impressa nell'immaginario collettivo. Più di 50 anni di magnifici successi, verrebbe da dire, più che fallimenti, anche se lo stesso fotografo non li ritiene tali: "Guardando indietro - chiosa Toscani - uno si rende conto che avrei potuto fare molto meglio".

Se con le sue campagne pubblicitarie ha ribadito più volte che una fotografia che promuove un brand di moda può lanciare al tempo un messaggio sociale, oggi, dove tutto corre sulla rete, lui sembra andare controcorrente. "Oggi c'è questa frustrazione dell'apparire, di volere esserci - ribadisce il fotografo - Una persona più fa selfie più è complessata, vuole sembrare, vuole apparire e farsi vedere. Non è un segno di particolare intelligenza".

E sul potere di una fotografia di smuovere le coscienze sociali, come l'immagine scattata al Bataclan subito dopo la carneficina e circolata sui social, afferma deciso: "Qualsiasi immagine deve essere pubblicata perché nessuno può arrogarsi il diritto di decidere se gli altri la possono vedere o meno. Il direttore di un giornale non conosce la morale meglio di me o di chiunque altro e un'immagine non è mai scioccante, è scioccante la realtà che ci circonda."

Criticato e condannato più volte perché provocatorio, il volume testimonia la sua versatilità nel passare da immagini drammatiche a shooting di moda, come quello firmato nel numero di dicembre di 'Elle' che ha per tema il lusso: "Sono un testimone del mio tempo - dice Toscani - Da una parte c'è chi si rifà il naso e il seno, dall'altra chi fa la guerra. Non è incredibile? E' un'assurdità umana. In fondo, soprattutto per le donne, sembrare è molto più importante che essere. Soprattutto per le direttrici dei giornali femminili, che vogliono delle maschere femminili".

"La moda è gestita soprattutto da omosessuali - conclude il fotografo - cui non interessano le donne veramente, ma degli attaccapanni che servono a far sembrare il vestito bello. E più il corpo è magro e più sembra che il vestito sia bello, dicono. Ma queste 14enni che le guardano pensano di essere sfigate, e vanno in crisi. Esiste una bellezza conformata che è la più facile da capire ed è quella che le riviste femminili utilizzano, quella per gli stupidi. Basta, ormai non sono più interessanti quelle donne lì".

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