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Libri: esce 'Lawrence d'Arabia e l'invenzione del Medio Oriente'

01 marzo 2016 | 21.02
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Lawrence d'Arabia (Foto dal sito ufficiale dedicato a Lawrence d'Arabia)
Lawrence d'Arabia (Foto dal sito ufficiale dedicato a Lawrence d'Arabia)

Chi non ricorda il magnifico Peter O'Toole accarezzato dal vento sullo sfondo delle dune? E' lui nel nostro immaginario collettivo il 'vero' Lawrence d'Arabia. Un protagonista leggendario, che oggi torna prepotentemente al centro della ribalta politica e internazionale a causa della crisi mediorientale.

Dopodomani, infatti, esce il volume a lui dedicato da Fabio Amodeo, giornalista, storico e fotografo, e Mario José Cereghino, saggista ed esperto di archivi anglosassoni "Lawrence d'Arabia e l'invenzione del Medio Oriente", per Feltrinelli editore (pp. 208 euro 17).

Grazie ai molti fascicoli raccolti e analizzati negli archivi britannici di Kew Gardens, Amodeo e Cereghino affrontano con stile giornalistico le complesse vicende mediorientali degli anni tra il 1914 e il 1921, e il ruolo non sempre lineare svolto da Lawrence d’Arabia in quel difficile contesto, oltre ogni mito e leggenda.

E' l'autunno del 1914, quando al Cairo l’archeologo Thomas Edward Lawrence entra a lavorare nei servizi d’intelligence britannici. I comandi militari di stanza in Egitto si accorgono presto delle sue eccezionali capacità: è l’inizio di una saga che nel giro di qualche anno trasformerà il giovane e sconosciuto sottotenente gallese nell’epica figura di Lawrence d’Arabia.

La sua è una missione ai limiti dell’impossibile: avvicinare i capi arabi (a cominciare dall’emiro Feisal) e convincerli a scatenare la guerra per bande contro i turchi nella penisola arabica e nella Mezzaluna fertile. Tra il 1916 e il 1918 la “rivolta nel deserto” si estende a macchia d’olio in tutta l’area, la svolta decisiva che provoca la sconfitta dell’Impero ottomano nel corso del primo conflitto mondiale.

Ma Gran Bretagna e Francia, gli imperi coloniali più potenti dell’epoca, usciti vittoriosi dalla Grande guerra, non puntano affatto all’indipendenza degli arabi. Al contrario, il patto Sykes-Picot (1916) e le conferenze di Sanremo (1920) e del Cairo (1921) assicureranno a Londra e a Parigi nuove forme di dominio politico, militare ed economico sugli immensi territori che si estendono tra il Mediterraneo, il Golfo Persico e il Mar Rosso.

Prende così forma l'“invenzione” del Medio Oriente, ovvero la causa principale del disastro geopolitico a cui assistiamo anche al giorno d’oggi, a un secolo da quegli eventi. Nel sacro nome dell’oro nero e in totale spregio alle legittime aspirazioni delle popolazioni arabe.

Fabio Amodeo, ha lavorato in vari quotidiani e periodici e insegnato Storia della fotografia all’Università di Trieste e all’Università Iulm di Milano. È stato presidente del Teatro Miela (Trieste) fino al 2015 ed è ora responsabile della sezione fotografia del mensile “Arte”. Con Mario José Cereghino ha scritto "L’Italia della Shoah" (Editoriale Fvg, 2008), "Trieste e il confine orientale tra guerra e dopoguerra 1941-1954" (Editoriale Fvg, 2008), "La lista di Eichmann" (Feltrinelli, 2013), "Mayerling" (Mgs Press, 2013), "Tito spiato dagli inglesi" (Mgs Press, 2014).

Mario José Cereghino ha pubblicato vari libri di storia contemporanea in collaborazione con Giuseppe Casarrubea, Giovanni Fasanella, Vincenzo Vasile. Negli archivi britannici di Kew Gardens, ha curato le ricerche per i documentari "Verso la guerra: fermate il Duce!" (Rai Tre, 2011) e "Perseguits i salvats" (Tv3, Barcellona, 2014).

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