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Libri: Bruschetta, gioie e dolori di un 'attore non protagonista'

02 marzo 2016 | 14.08
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Ninni Bruschetta
Ninni Bruschetta

Nel mondo dello spettacolo c'è una felicità possibile nello spazio che passa fra la ribalta - luminosa e difficile - dei protagonisti e le schiere anonime delle comparse: ne è convinto - per esperienza e per necessità - Ninni Bruschetta, attore, regista, direttore di teatri, che ha raccolto le lezioni apprese in oltre trent'anni di carriera da 'non protagonista' in un libretto ironico e pungente appena pubblicato da Fazi. In questo 'Manuale di sopravvivenza dell'attore non protagonista' in realtà non c'è il racconto di chi - per costruirsi una 'carriera' - è costretto a passare di set in set, anche con acrobatici spostamenti per tenere fede agli impegni assunti: l'aneddotica qui è funzionale a un percorso ideologico (anche se il termine può sembrare eccessivo) più che artistico.

Non è la prima riflessione che Bruschetta mette su pagina rispetto alla sua professione: ma la raccolta di saggi 'Sul mestiere dell'attore', pubblicata dal 2010 da Bompiani, era in un certo senso un dialogo del regista prima con se stesso, poi con il testo da mettere in scena e infine con gli attori. Qui invece c'è una descrizione di impegni, casualità, incidenti di percorso che mira a disegnare un approccio di vita, prima ancora che di lavoro.

Bruschetta non fa mistero di avere accettato fior di fiction (termine che, spiega, gli fa "orrore") per le ragioni di 'sopravvivenza' menzionate nel titolo: l'importante, è la lezione che se ne trae, è mantenere la propria dignità professionale e non essere maldisposto 'a priori'. Per un attore le migliori occasioni possono nascere da disguidi, da provini sbagliati, da coincidenze (vedi il caso di 'Boris', la serie-cult cui sono dedicate alcune fra le pagine più gustose del libro).

Al contrario, progetti pensati in partenza per essere dei successi possono rivelarsi artisticamente disastrosi. Perché - è il messaggio di Bruschetta - la furbizia non paga, e solo una visione miope del mercato e della stessa audience (gli spettatori visti come automi incapaci di distinguere il bello dall'inutile) può perpetuare certe produzioni pensate male - con protagonisti decisi a tavolino - e scritte peggio.

Sembrerebbe un discorso di ambito strettamente televisivo, ma non è così. Chi conosce il lavoro di Ninni Bruschetta sa che il rigore e la ricerca non si disgiungono mai dall'impegno civile, come testimoniano le molte regie teatrali, una fra tutte 'L'istruttoria - Atti del processo in morte di Giuseppe Fava' scritto da Claudio Fava, che ha condiviso con l'attore anche una breve 'utopia politica' in occasione delle ultime elezioni regionali in Sicilia.

E' un background di attore e regista che lo autorizza ad essere 'disperato' e ottimista allo stesso tempo. Disperato come può essere solo chi sa riconoscere la mafia (anche non nelle sue strutture criminali) anche 'sul continente': e al tempo stesso ottimista, per natura, per esperienza, per non darla vinta.

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