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Arte: un secolo senza Boccioni, domani il centenario della morte

16 agosto 2016 | 13.55
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Autoritratto di Umberto Boccioni (Milano, Pinacoteca di Brera, olio su tela, 1908)
Autoritratto di Umberto Boccioni (Milano, Pinacoteca di Brera, olio su tela, 1908)

Ricorre domani il centenario della morte di Umberto Boccioni, il grande futurista, l’artista che in breve arco di tempo divenne uno dei principali riferimenti nelle avanguardie storiche europee del Novecento. Gli studiosi lo collocano ai livelli di Kandinsky o di Malevich, di Matisse o di Picasso, o del De Chirico della pittura "metafisica". Pittore, scultore e teorico dell’arte - è sua la riflessione sul "dinamismo plastico" - Boccioni morì ad appena trentaquattro anni il 17 agosto del 1916 cadendo da cavallo mentre era militare: infuriava la prima guerra mondiale, egli avrebbe voluto battersi in prima linea come addetto a una bombarda ma gli toccò stare in retrovia, soldato semplice di un reggimento di Artiglieria ippotrainata. Il mortale incidente avvenne a Sorte, una località del Chievo, alle porte di Verona.

La sua morte destò il compianto di illustri personalità dell’epoca: da D’Annunzio ad Apollinaire, dai musicisti Puccini, Busoni e Schonberg fino a Mussolini, allora direttore del "Popolo d’Italia". Il poeta Marinetti, inventore e guida del Futurismo, restò sconvolto da quella fine, ma subito avviò un’ inesausta promozione dell’opera e della figura del compagno scomparso.

Il Mart di Trento e Rovereto, museo ricco di opere e archivi futuristi, dedica a Boccioni una mostra che si aprirà il 5 novembre e che accoglie anche pitture, scultore e lavori su carta dell’artista già presentati tra marzo e luglio scorsi nel Palazzo Reale di Milano. Ancora per novembre è prevista un nuova edizione del Catalogo Generale curato da Maurizio Calvesi ed è già in libreria 'Umberto Boccioni, l’artista che sfidò il futuro', accuratissima biografia scritta da Gino Agnese per l’editrice Johan & Levi (400 pagine, 29 euro).

Boccioni nacque il 19 ottobre del 1882 a Reggio Calabria dove i suoi genitori, romagnoli di Morciano, si erano trasferiti temporaneamente per motivi di lavoro. L’adolescenza e la prima giovinezza la trascorse a Catania, da dove si stabilì poi a Roma con l’idea di fare il giornalista. Nella Capitale, a diciannove anni, gli venne invece la vocazione della pittura, arte in cui mosse i primi passi assieme a due coetanei anch’essi destinati alla celebrità: Gino Severini e Mario Sironi. Con Severini e Sironi, sostanzialmente autodidatti come lui e come lui instancabili lettori e partecipi di ambienti letterari, ebbe la fortuna d’incontrare un amico-maestro che era alle soglie della maturità: Giacomo Balla, ottimo pittore divisionista ma tutt’altro che noto. Dieci anni dopo fu Boccioni a chiamarlo nel Futurismo, sicché Balla abbandonò la pittura tradizionale e realizzò le tante opere ispirate al valore estetico della velocità, opere oggi presenti nei maggiori musei del mondo.

Viaggiatore povero, Boccioni visse a Parigi e a ventiquattro anni, amato da una giovane signora russa cui dette un figlio, soggiornò tre mesi in Russia compiendo esperienze per lui importanti a Tzaratzin (l’odierna Volgograd) a Mosca e San Pietroburgo. Le sue opere maggiori, del periodo futurista, sono quasi tutte nei musei dei cinque continenti. L’Italia, nonostante gli sforzi di Marinetti, valutò in ritardo la grandezza innovativa di Boccioni. Per questo il suo quadro più noto, 'La città che sale' è nel Museo d’Arte Moderna di New York. Così anche uno degli esemplari della scultura del 'camminatore', riprodotta nella moneta europea da 20 centesimi.

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