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Mostre: 'Italia Pop' alla Fondazione Magnani Rocca

30 agosto 2016 | 11.45
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Sergio Lombardo, 'Uomo politico' (1962-63), olio su tela, 150x200 cm
Sergio Lombardo, 'Uomo politico' (1962-63), olio su tela, 150x200 cm

La via italiana alla Pop Art in settanta opere. E' quanto racconterà dal 10 settembre all'11 dicembre prossimi la mostra 'Italia Pop - L'arte negli anni del boom', curata da Stefano Roffi e Walter Guadagnini negli spazi della Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo (Parma). Una Pop Art, quella italiana, pienamente in sintonia con le analoghe esperienze maturate in ambito internazionale e al tempo stesso linguisticamente autonoma rispetto ai modelli statunitensi ed europei del periodo. La mostra prende avvio con due opere esemplari provenienti dalle stesse collezioni della Fondazione, una 'Piazza d'Italia' di Giorgio de Chirico e un 'Sacco' di Alberto Burri, due fonti primarie, storiche, dell'approccio italiano alla contemporaneità, alla figurazione e all'oggetto. Non a caso, d'altra parte, inizialmente la critica aveva parlato di una stagione 'neo-metafisica' a proposito dell'opera di autori come Mario Schifano o Tano Festa, e lo stesso Schifano, come è noto, omaggerà esplicitamente Giacomo Balla e il Futurismo in due serie pittoriche centrali nello sviluppo del suo percorso.

L'allestimento procede poi con quelli che si possono considerare i precursori del linguaggio Pop propriamente detto, una serie di autori che, a partire dagli anni dell'immediato secondo dopoguerra hanno affrontato i temi del nuovo paesaggio visivo in un paese che andava uscendo dai traumi della guerra e aprendosi a nuovi, inediti stili di vita, capaci di generare naturalmente anche nuove immagini. Artisti quali Gianni Bertini, Enrico Baj, Mimmo Rotella, Fabio Mauri, hanno saputo cogliere per primi la nuova temperie culturale, il nuovo clima anche sociale che andava maturando negli anni Cinquanta, e le loro opere si pongono, stilisticamente e temporalmente, a fianco di quelle dei neo-dadaisti statunitensi come Jasper Johns e Robert Rauschenberg o dei coevi esponenti del francese 'Nouveau Rèalisme'.

Alla fine degli anni Cinquanta anche autori come Schifano, Renato Mambor, Gianfranco Baruchello riflettono sui temi dello schermo e dell'oggettualità della pittura, ponendo le basi per lo sviluppo della vera e propria stagione d'oro della Pop Art italiana tra il 1960 e il 1966. Un momento di straordinario fervore artistico che investe l'intera penisola, che ha i suoi centri nevralgici nelle città di Milano e di Roma, ma che trova luoghi di diffusione estremamente significativi anche a Torino e in Toscana, per non citare che i centri dove maggiore è l'incidenza di tale tendenza sulla scena artistica. In questa sezione si vedranno quindi i capolavori di Mimmo Rotella ed Enrico Baj, degli autori romani riuniti sotto l'etichetta di 'Scuola di Piazza del Popolo', i già citati Schifano, Festa, Mambor, Mauri e poi Franco Angeli, Umberto Bignardi, Mario Ceroli, Giosetta Fioroni, Sergio Lombardo, Cesare Tacchi, Claudio Cintoli. E, ancora, le opere degli artisti operanti a Milano come Valerio Adami, Lucio Del Pezzo, Piero Manzoni, Emilio Tadini, Antonio Fomez, i torinesi Piero Gilardi, Aldo Mondino, Michelangelo Pistoletto, i toscani Roberto Barni, Adolfo Natalini, Gianni Ruffi, Roberto Malquori.

La mostra si conclude con la presentazione di un altro fenomeno cruciale nell'evoluzione del linguaggio Pop in Italia, vale a dire quella declinazione che, a partire dal 1966 e almeno fino ai primi anni Settanta utilizza le immagini e gli stilemi della cultura di massa per realizzare un'arte esplicitamente politica, che riflette il nuovo clima sociale diffuso in tutto il mondo alla fine del decennio. In questa sezione si trovano opere di alcuni autori presenti in quelle precedenti come Schifano, Angeli, Bertini, ma soprattutto degli esponenti di quella 'figurazione critica', come Giangiacomo Spadari, Paolo Baratella, Fernando De Filippi, Sergio Sarri, Umberto Mariani, Bruno di Bello o Franco Sarnari, che si rivelano oggi come un'ulteriore, originale contributo italiano alla diffusione del 'popism' in ambito internazionale.

Nelle sale della Villa dei Capolavori, la dimora storica di Luigi Magnani, artefice della Fondazione Magnani Rocca, gli animali in metacrilato di Gino Marotta, le sculture di Pino Pascali, i legni di Mario Ceroli, la 'Prima televisione a colori' di Gianni Ruffi dialogano con gli arredi e i dipinti della Fondazione, in un sorprendente confronto tra il mondo classico e la cultura popolare degli anni Sessanta. In mostra, accompagnano le opere pittoriche e scultoree alcuni significativi pezzi di design dell'epoca, oltre a rimandi all’editoria e alla discografia, che permettono allo spettatore di immergersi appieno nel clima culturale del tempo, momento cruciale di svecchiamento della cultura italiana in chiave internazionale, al confronto diretto con la nuova cultura di massa, analizzata in quegli stessi anni da grandi intellettuali attivi nel nostro paese come Pier Paolo Pasolini o Umberto Eco. Nel percorso della mostra è incluso anche un video sul mondo del Piper Club di Roma, vero tempio della musica e del costume giovanile anni Sessanta, che completa l’affresco di questo particolare periodo.

La mostra, curata da Stefano Roffi e Walter Guadagnini, già autore di storiche ricognizioni sull'argomento come 'Pop Art UK 1956-1972', 'Pop Art Italia 1958-1968', entrambe alla Galleria Civica di Modena, 'Pop Art 1956-1968' alle Scuderie del Quirinale a Roma, nonché di numerose personali dedicate ai protagonisti del movimento, è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale, contenente i saggi dei curatori e di altri studiosi, oltre alla riproduzione di tutte le opere esposte.

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