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Mostre: alla Villa Reale di Monza l'astratto di Ho Kan

05 giugno 2018 | 09.22
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Ho Kan
Ho Kan

La Villa Reale di Monza dedica dal 9 giugno al 9 luglio un'ampia retrospettiva all'artista Ho Kan (classe 1932), considerato oggi uno dei grandi pionieri dell'astrazione cinese. La rassegna organizzata da Big Eyes International Vision di Milano e da Chini Gallery di Taiwan, si avvale dei Patrocini della Regione Lombardia e del Comune di Monza. Presentazione ufficiale e inaugurazione della mostra si terranno appunto il 9 giugno, alle ore 11,30, nella stessa Villa Reale. L'allestimento, intitolato 'Ho Kan. Beyond Colors and Shapes', presenta, attraverso 60 opere selezionate dalla curatrice Sabine Vazieux, l'intero percorso creativo del maestro, partendo dagli anni Cinquanta fino al 2010, mettendo in evidenza la particolarità della pittura geometrica astratta di Ho Kan e nello stesso tempo rivelando la sua genesi, presentando per la prima volta anche alcuni disegni realizzati a Taiwan negli anni Cinquanta. Il percorso si conclude con una selezione di dipinti recenti affiancati ad alcune sculture realizzate in collaborazione con lo scultore Yang bei-Chen.

Il viaggio artistico di Ho Kan è punteggiato da eventi storici che ci immergono inesorabilmente nella storia della Cina e ci spiegano come mai l'artista fu costretto a lasciare il suo Paese per trovare rifugio a Taiwan nel 1949, per poi imbarcarsi nel 1964 dal Vietnam in direzione della Francia e infine trovare domicilio a Milano, dove risiederà per oltre cinquant 'anni. In questo nuovo mondo che si manifesta a lui per a prima volta, Ho Kan scopre gradualmente l'arte surreale e astratta occidentale e acquista familiarità con la tecnica della pittura ad olio fino allora sconosciuta in Asia. Queste nuove scoperte gli permettono di registrarsi nella modernità, pur mantenendo profonde radici nella cultura orientale. Al crocevia tra l'Oriente e l'Occidente, Ho Kan ha inventato un'arte unica, partecipando al rinnovo della pittura cinese del XX secolo. Il percorso si snoda lungo sei sale al primo piano nobile della Villa e segue un criterio cronologico, a partire da, in Sala A, 'Gli anni 50 - 70: da Taipei a Milano'. I primi insegnamenti alla pittura gli vengono dal nonno, famoso calligrafo, con cui vivrà dopo la morte prematura del padre. Nel 1949 parte per Taiwan e l'anno successivo entra nel Dipartimento Provinciale di Belle Arti a Taipei.

Trovando l'insegnamento troppo accademico, nel 1951 inizia a frequentare lo studio del famoso pittore Lee Chun-Shan, qui scopre i nuovi movimenti artistici occidentali e viene spinto a sviluppare la propria creatività, orientandosi verso uno stile surreale. Nel 1956, Ho Kan fonda il Ton Fan Art Group , con altri sette artisti amici dello studio di Lee Chun-Shan. Rompendo così con l'arte accademica. Questo, gruppo, fino al suo scioglimento nel 1971, ha svolto un ruolo importante per lo sviluppo dell'arte d'avanguardia taiwanese. Il forte interesse di Ho per la pittura lo spinge a viaggiare in l'Europa e nel 1964 è a Milano, dove si trasferisce. I suoi interessi si spostano verso l'astrazione geometrica pur mantenendo sempre evidenti i suoi riferimenti con la cultura asiatica. Durante il suo primo periodo milanese, utilizza i toni del blu scuro e del verde, che rimandano a un senso di malinconia associata alla nostalgia del suo paese d'orgine. 'Gli anni 80 - 90: segni e forme di calligrafia' è il titolo che campeggia sulla Sala B. In questo periodo la sua tavolozza diventa più gioiosa. A prima vista, alcune delle sue opere geometriche sono più vicine all'arte astratta occidentale, mentre altre adottano uno stile più libero. Gli piace dipingere piccole linee nere, evocando i sinogrammi cinesi, che sembrano fluttuare in assenza di gravità nello spazio pittorico, come soffiato dal vento. Questo nuovo approccio al segno, astratto e poetico, apre un infinito repertorio immaginario. Cerchi, triangoli e lo spazio che circonda queste forme, sono anche riferimenti alla calligrafia cinese, che egli le purifica per mantenere solo la struttura.

Nella Sala C-D sono raccontati 'Gli anni 2000: la fusione perfetta'. Ho Kan va oltre, trasforma la dualità culturale est-ovest in una vera e propria fusione tra due culture. Si tratta di un periodo d'apogeo, dove riesce a creare una perfetta armonia tra le forme e i colori. Usa tinte scure per ombreggiare la luminosità dei colori come il rosso, l'arancio o il verde, ponendo le opere in una situazione di assoluto equilibrio. Nella serie 'Origin' e 'Development', l'uso di piccoli punti si riferisce all'estetica cinese: "un singolo tocco di rosso tra migliaia e migliaia di verdi". In Sala E 'Ho Kan oggi: La spiritualità'. Questo periodo di maturità porta alla luce una spiritualità evidente nel suo approccio artistico. La semplificazione delle forme e l'uso minimo di colori nella composizione unisce il Buddismo di Kan e il Taoismo. Durante il suo lavoro sviluppa uno stile geometrico astratto ma non cede mai alla geometria pura; le sue linee mantengono, alla base, la vivacità e l'energia calligrafica derivante dal suo patrimonio culturale. Sala F, infine, racconta 'L'ambivalenza dell'astrazione'. L'ultima stanza invita a riflettere sul mondo onirico dell'artista e sui simboli che utilizza. La nostra immaginazione ci porta a interpretare e identificare gli elementi visivi dei suoi di pinti, alla maniera dei sinogrammi cinesi che a volte evocano forme figurative visive. Si può immaginare di vedere delle figure (un pesce colorato, un uccello...), ma in realtà è il frutto del caso. Queste coincidenze si ricollegano al pensiero taoista Wei Wu Wei, vale a dire all'agire senza agire. Così, astratto o figurativo? Per l'artista Ho Kan questa non è la domanda. Ciò che conta per lui è soprattutto il piacere della pittura.

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