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Sauditi alla Scala, Sala: "Serve unanimità cda"

11 marzo 2019 | 13.45
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(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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Mentre cresce la tensione sulla vicenda relativa all'ingresso dell'Arabia Saudita nel cda del Teatro alla Scala, il sindaco di Milano e presidente del cda del teatro ha sottolineato che "serve l'unanimità" del consiglio di amministrazione. "Tendenzialmente tutte le decisioni rilevanti e critiche del cda della Scala vengono prese all’unanimità", ha ribadito il sindaco di Milano a margine di un evento a Milano.

Il cda della Scala, che si è occupato di un possibile ingresso dei sauditi, ha osservato Sala, "è stato l'11 febbraio e oggi è l'11 marzo. Ora, in un mese, con i verbali che sono circolati per approvazione dei consiglieri, è impensabile che il presidente della Regione non sappia cosa sta succedendo. Stanno mettendo in giro tantissime falsità, questa è la realtà".

Secondo Sala "questo svilimento del ruolo del cda, il non capire cos'è un cda dà la misura di cosa sono questi signori". Il sindaco meneghino ha sottolineato di non avere un orientamento sull'ingresso dei sauditi e che affermarlo è "assolutamente falso". Quindi ha puntato il dito contro il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana: "Al posto di dire queste cose dia indicazioni al suo consigliere, cosa che dovrebbe fare se avesse un atteggiamento serio verso la Scala" ha affermato.

Per Sala, il cda della Scala "regna sovrano e non si farà condizionare dalla politica". L'eventuale ingresso dei sauditi nel consiglio del Teatro "lo deciderà il cda - ha ribadito Sala -. Da presidente del cda non posso dire in anticipo qual è il mio orientamento. In questo momento è chiaro che i leghisti stanno dando molte falsità su questa storia".

Nel consiglio della Scala del prossimo 18 marzo "si discuterà se c'è un gradimento o meno all'ingresso del cda, contropartita o meno. Se non c'è gradimento, non ci sarà contropartita". In ogni caso "non c'è un prezzo all'ingresso nel cda". Quanto al ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli, che ha espresso perplessità sul fatto che un governo estero entri nel cda della Scala, per Sala "il ministro ha ragione". "Questo - ha spiegato il sindaco di Milano - tecnicamente è un punto perfetto che Bonisoli solleva". "Anche il ministro ha due rappresentanti nel cda e porteranno la posizione del ministero lunedì prossimo" ha detto. Alla riunione del cda "quello che farò sarà ascoltare le opinioni degli altri consiglieri e poi dirò la mia", ma in ogni caso, ha aggiunto Sala, "il tema non sono i fondi, ma capire se questa partnership è una via per diffondere le qualità della Scala all'estero e per avvicinare i bambini alla musica". Sala ha infine ribadito che "quello che si è detto al cda dell'11 febbraio è stato di chiedere approfondimenti e non c'è mai stata alcuna decisione. Non c'è nessuna decisione e nessun orientamento al sì o al no".

CAMERA ITALO-ARABA - Rinunciare all'investimento da 15 milioni di euro del governo saudita per la Scala di Milano sarebbe "una sconfitta" e "non ci sarebbe nulla di male" se rappresentanti dell'Arabia Saudita entrassero nel cda della Fondazione del Teatro, perché si tratta di "istituzioni culturali". Raimondo Schiavone, consigliere delegato della Camera di Cooperazione Italo Araba, ritiene positivo l'eventuale ingresso dei Paesi arabi in istituzioni culturali italiane. E questo nonostante le aspre polemiche suscitate dalle trattative del sovrintendente scaligero Alexander Pereira.

"Piuttosto - dice in un'intervista all'Adnkronos - ci avrei pensato dieci volte fossi stato nella Cdp prima di fare un accordo con i fondi del Qatar. Come associazione - argomenta - non siamo favorevoli agli investimenti arabi nelle infrastrutture strategiche in Italia. Per esempio sull'ospedale di Olbia abbiamo espresso parere negativo, perché siamo convinti che partnership insieme a soggetti che non hanno livelli democratici adeguati su aeroporti, porti, tecnologie e innovazione non sia consigliabile". Diverso è il caso del tempio della lirica milanese e quindi di un'istituzione culturale "da cui potrebbero invece nascere contaminazioni positive" per l'area del Golfo, dove c'è oggi un grande interesse per la cultura e la musica italiana, e non solo in Arabia Saudita ma anche in Oman e negli Emirati Arabi, tutti Paesi, tra l'altro, sullo stesso piano in termini di democrazia.

Come italiani, ragiona Schiavone, "esportiamo la nostra cultura all'estero da secoli, siamo maestri nel mondo. Sarebbe sbagliato chiudere la porta in faccia a un finanziamento di quella portata e a un'apertura di quel mercato, se davvero a Riad o a Dubai potrebbero nascere teatri gestiti da italiani". Il momento storico e politico in Italia condizionerà quasi sicuramente questa scelta. "Secondo me, con questa pressione politica non si farà nulla. Ma l'Arabia saudita è un Paese non democratico tanto quanto l'Egitto, l'Oman o il Qatar. Bisognerebbe essere coerenti e dire che il Governo italiano non deve fare missioni in Arabia saudita, e invece le fa. Dovremmo dire - continua - che le aziende che producono bombe per loro non dovrebbero farlo, e invece lo fanno. Sui processi di democratizzazione dovremmo portare un'attenzione maggiore. Ci vorrebbe un po' di coerenza, che non c'è".

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