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Premi: Marina Mander, 'spero in uno Strega che rispetti il fair play'

27 marzo 2019 | 12.17
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Marina Mander
Marina Mander

(di Carlo Roma) - Il premio Strega è "un gioco importante" che può essere assimilato ad una "gara sportiva. Mi auguro che, come una competizione 'olimpica', possa basarsi sul fair-play garantendo le stesse opportunità ai tutti i contendenti". Parola di Marina Mander, autrice de 'L'età straniera', pubblicato da Marsilio, il romanzo con cui è entrata a far parte della dozzina del premio, il cui vincitore sarà incoronato al Ninfeo di Villa Giulia il prossimo 4 luglio.

Conversando con l'AdnKronos in vista della cinquina, che verrà stabilita al Tempio di Adriano di Roma il 12 giugno, la scrittrice triestina sottolinea che il "podio è abbastanza scontato, ci sono due o tre candidature 'forti'. Data questa condizione, che non possiamo negare, - osserva - mi aspetto delle sorprese. E io stessa mi aspetto di essere una sorpresa allo Strega. Insegniamo ai bambini che bisogna partecipare senza troppe ansie di competizione, ma la realtà dei fatti e che i bambini, più che gli adulti, giocano per vincere. Mi auguro - ribadisce la scrittrice - che in un gioco così importante, come quello dello Strega, ci sia 'fair play' nel quale confido molto. Partecipo, come è umano che sia, per andare avanti", 'confessa' poi la scrittrice.

Il libro, proposto dalla scrittrice e giornalista Benedetta Tobagi, ha seguito un percorso che ha stupito la stessa autrice. "Quando Chiara Valerio di Marsilio - racconta Mander - ha letto la prima stesura de 'L'età straniera' e ha cominciato a parlare di Strega mi sembrava una cosa lontanissima. Ovviamente la sua determinazione mi confortava. Quando poi ho letto la motivazione per la candidatura scritta da Benedetta Tobagi, non ci potevo credere. E' stata una sorpresa. Alla fine c'era la convinzione dell'editore e anche la mia. Ora sono molto felice e positiva anche se non è facile". L'opera potrebbe essere considerata, spiega, "un romanzo di formazione" dal momento che racconta "la storia di un percorso molto accidentato, uno scontro e poi anche un incontro tra due adolescenti molto diversi. Ma in realtà - puntualizza la scrittrice - è anche un romanzo civile che affronta l'argomento dell'estraneità in una doppia valenza".

Da una parte considera 'l'adolescenza come un'età straniera'. Rimbaud diceva che l'adolescente è gettato in esilio da sé stesso perché si trova improvvisamente in una situazione di vera estraneità". Questo è il tormento di uno dei due protagonisti del libro, Leo, che "vorrebbe diventare grande, però è molto diffidente rispetto a ciò che succede proprio nel mondo degli adulti".

Sull'altro versante del romanzo, c'è uno straniero di nome e di fatto, ovvero Florin, l'altro protagonista della storia, un ragazzo rumeno che "si prostituisce gettato sul marciapiede dal padre. E' un ragazzo che in qualche modo rappresenta uno sgomento per Leo perché lo mette di fronte a tutte le sue paure e debolezze. Leo, insomma, è costretto a confrontarsi con la diversità costituita da Florin".

Il libro, scritto "un paio di anni fa, prima che il tema dello straniero esplodesse in tutta la sua virulenza, parte da un punto di vista intimo ma poi diventa un romanzo civile. Volevo costruire un percorso di consapevolezza". Un itinerario il cui approdo finale è che "bisogna accettare l'estraneità e l'irriducibilità dello straniero. Il problema non è capire e assimilare, ma rispettare la singolarità di ogni essere umano".

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