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I 'Monumenti' di Kung fra natura e città

25 maggio 2019 | 16.01
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Diciotto opere di grande formato della fotografa elvetica in mostra dal 30 maggio nella Project Room di Camera – Centro Italiano per la Fotografia di Torino

Manchurian Pine e New Museum di Irene Kung (courtesy Galleria Valentina Bonomo) - courtesy di Galleria Valentina Bonomo
Manchurian Pine e New Museum di Irene Kung (courtesy Galleria Valentina Bonomo) - courtesy di Galleria Valentina Bonomo

I 'Monumenti', i ricordi nel più stretto senso etimologico, sono i protagonisti dell'omonima mostra della fotografa elvetica Irene Kung (Berna, 1958) ospitata nella Project Room di Camera – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, dal 30 maggio, curata dal direttore dell’istituto torinese, Walter Guadagnini. I 'Monumenti' sono presentati con una giustapposizione di immagini appartenenti a due serie fotografiche precedenti, 'Le città invisibili' (2012) e 'Trees' (2014), Kung compie così una selezione visiva che ricompone un’indagine al tempo stesso introspettiva e sociale sul paesaggio, sia esso urbano, archeologico o naturale. Tali elementi sono per l’autrice svizzera come fondamenti puri della visione che, spogliati dal disturbo visivo generato dalle forme di progresso e dall’incuria umana, si presentano allo spettatore come ritratti aulici che emergono dall’oscurità. Come i ricordi, appunto.

Nelle diciotto opere di grande formato esposte in questa occasione, alberi, antiche rovine e architetture contemporanee assumono un carattere salvifico, diventano monumenti contemporanei che, grazie al potere dell’estetica e alla forza dell’immagine, annullano il tempo e ordinano il caos con la loro armonia costruttiva. Formatasi in ambito pittorico, Kung ha adottato la fotografia come medium privilegiato della propria produzione artistica da circa un decennio, sfruttando la sua formazione non solo per impreziosire la componente lirica ed emotiva della sua ricerca artistica, ma anche quella gestuale ed istintiva. L’essenzialità delle inquadrature e la capacità di far emergere i suoi soggetti dall’oscurità, infatti, esprimono una vicinanza stilistica e concettuale al Rinascimento pittorico italiano: i suoi lavori evidenziano il desiderio razionale di individuare nuove strade possibili per un futuro sostenibile e la rinnovata attenzione all’equilibrio tra umano e naturale. Allo stesso tempo le composizioni di Kung evidenziano per contrasto l’ambiguità dell’urbanizzazione e della negligenza umana, facendo emergere dalla bellezza una sottile inquietudine. Descrivere la sofferenza attraverso una rappresentazione raffinata e onirica è – dichiara la Kung – un tentativo di generare un nuovo significato a partire dalle percezioni di un’esperienza emotiva, è un’astrazione che mi conduce dalle zone più in ombra alla dimensione meditativa, fino agli spazi inconsci dell’anima.

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