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Radicali: da Craxi-Martelli a Pannella-Bonino, quando l'addio in politica fa notizia

28 luglio 2015 | 17.37
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Radicali: da Craxi-Martelli a Pannella-Bonino, quando l'addio in politica fa notizia

Cicerone diceva che "una volta iniziata una lite, nessuno saprà quello che accadrà". Questo vale per le amicizie che si stringono nella vita di tutti i giorni, ma anche per i grandi sodalizi della politica, che paiono tanto forti da resistere in eterno alle burrasche del mestiere e alla tirannia del tempo. Ma poi finiscono per fare naufragio come il più esile dei vascelli.

Il 'siluramento' di Emma Bonino, annunciato via radio da Marco Pannella domenica scorsa, è soltanto l'ultimo esempio di quella lunga serie di 'abbracci spezzati' che è la politica italiana. La questione divorzio (ironia della sorte) rappresentò uno dei momenti più felici, dal punto di vista umano e professionale, del rapporto tra i due radicali. Ma per Fiorentino Sullo - una vita passata nella sinistra Dc - fu la fine della militanza nella Balena Bianca, di cui non condivise la posizione in occasione del referendum del '74. Insanabili soprattutto i contrasti con Amintore Fanfani, che nel '62 gli aveva affidato il ministero dei Lavori pubblici. Poi Sullo fece ritorno alla casa madre dopo una parentesi nel Psdi. Ma questa è un'altra storia.

Annegò tra i veleni di tangentopoli, invece, la coppia Craxi-Martelli. "Quella con Bettino Craxi è stata una amicizia profonda, vera, durata 30 anni. Non è giusto che alla fine si ricordi solo il periodo della rottura. Credo che mi volesse bene", disse l'ex Guardasigilli socialista anni fa.

A sinistra Cossutta e Bertinotti litigano per Prodi - Fini a Berlusconi, che fai mi cacci?

Più soft fu la rottura tra Clemente Mastella e Ciriaco De Mita, che dell'irrequieto ceppalonico, prima delle sue frenetiche peregrinazioni nel flipper della politica, è stato in qualche modo il 'talent scout'.

Senza andare a scomodare Gramsci e Togliatti&Co, anche nella sinistra le liti sono state molto frequenti e spesso crudeli. Emblematica quella che nel '98 si consumò tra Bertinotti e Cossutta. Quando il segretario di Rifondazione Comunista decise di staccare la spina al primo governo Prodi, Cossutta diede vita al PdCI assieme a Rizzo e Diliberto, andando a far parte del successivo governo D'Alema.

Capitolo a parte merita la storia di Silvio Berlusconi. Passionali e a tratti drammatici, gli strappi che hanno contrassegnato la sua parabola politica. L'indice puntato di Gianfranco Fini, con l'annesso 'che fai, mi cacci?', nel corso della prima direzione nazionale del Pdl nel 2010, fu l'inizio della fine dell'esperienza dell'ex presidente della Camera tra le file della creatura politica forgiata da Berlusconi e nella quale Fini aveva visto la sua An dissolversi in fretta e furia.

Alfano, Fitto e Verdini gli ultimi 'dolori' per il Cav

Poi venne Alfano, il 'delfino' perfetto. L'erede del Cavaliere, secondo qualcuno; "senza quid", per Berlusconi. Nel 2013 la scissione, con l'Ncd che si staccò da una costola della rediviva Forza Italia per continuare ad appoggiare il governo Letta.

Nel mezzo Fitto, che con i suoi 'Conservatori e Riformisti' ha preferito il 'modello Cameron' al 'modello Arcore', senza contare l'addio di Sandro Bondi al Cav. E infine Denis Verdini da Fivizzano, uno dei padri fondatori del Pdl, l'artefice della fusione tra Fi e An. Con lui la separazione è stata lenta ma consensuale. Una guerra civile fredda senza piatti che volano o porte che sbattono. Poi la frase del leader azzurro "meglio soli che male accompagnati": il mantra dei delusi e dei cuori infranti.

E la Lega? Gli ultimi anni non sono stati dei più semplici per il Carroccio. Prima dell'ascesa di Matteo Salvini, il partito boccheggiava tra lo scandalo Belsito - che aveva travolto la gestione Bossi - e la stagione delle scope, avviata da Maroni. Dell'attuale presidente lombardo, il senatùr disse: "E' come i grillini, senza sostanza. Ha distrutto il partito e io ora me lo riprendo". Poi arrivò la batosta alle primarie contro Salvini, che in fatto di amicizie ha iniziato da poco a scontare le prime delusioni: l'addio di Tosi prima delle regionali, infatti, è una ferita ancora aperta.

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