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Da Illy a Salomon, quando profitto fa rima con eticità e religione

17 febbraio 2014 | 18.25
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Da Illy a Salomon, quando profitto fa rima con eticità e religione

Roma, 17 feb. (Labitalia) - Quando i libri di bilancio sono ispirati, oltre che dai profitti, anche dall'eticità, non è raro che dietro ci sia una visione strategica di tipo religioso, che esula dal tipo di confessione di appartenenza. E non sono pochi gli imprenditori che, in Italia, cercano di introdurre la loro etica religiosa nella routine quotidiana imprenditoriale. E' il caso di dell'imprenditore del caffè Riccardo Illy. "Sono stato battezzato come cattolico -dice a Labitalia- ma solo per mio nonno che, proprio in quei giorni, ci ha lasciato. Sono stato, infatti, educato secondo i dettami valdesi e, da adulto, pur non essendo praticante, ho comunque mantenuto i valori che mi sono stati insegnati".

"Sicuramente -ammette- gli elementi etici mi sono rimasti, sia nell'approccio manageriale sia in quello imprenditoriale. Illycaffè ha ottenuto una certificazione che attesta la sostenibilità dell'azienda lungo tutta la filiera. I nostri rapporti con i produttori sono diretti e noi li tuteliamo, arrivando a riconoscergli anche un prezzo che copra i suoi costi e un premio per la qualità. La mission dell'azienda -sostiene Riccardo Illy- è un insieme di valori che sono espressione concreta di come ci si rapporta non solo verso i nostri dipendenti, ma anche nei confronti di tutti i collaboratori".

Non la pensa diversamente Mario Guareschi, proprietario di un'impresa di ingegneria civile con sede a Parma e commesse in tutto il mondo, di religione buddista. "Da pochi anni -racconta a Labitalia- mi sono accostato al buddismo e con estrema franchezza devo dire che è cambiato tutto e niente. Il buddismo è vita quotidiana: tutto dipende dalla legge che ogni causa ha un suo effetto. Noi -spiega- siamo quello che ci siamo creati, nella vita così come in azienda. Se, ad esempio, le persone che lavorano per me non capiscono quello che sto dicendo, sono io che devo imparare a conoscere la loro mappa mentale. Un processo che deve comunque partire da noi stessi a favore dei rapporti etici tra persone che lavorano con noi".

Un processo condiviso anche da imprenditori cattolici come Marina Salomon, fondatrice di una tra le maggiori aziende europee di abbigliamento. "Credo -spiega a a Labitalia- nel valore della spiritualità al di là delle targhe. Penso che nell'impresa ci sia la tentazione di farsi trascinare dall'essere bravi, vincenti, dall'avere successo, potere e denaro". "Tuttavia -ammette Salomon- in un contesto aziendale bisogna pensare all'umiltà, con lo stesso spirito espresso da Papa Francesco. Al vertice di un'azienda bisogna considerarsi non uno strumento di potere, ma un simbolo di un vivere etico e spirituale".

Non la pensa poi tanto diversamente Laura Tonatto, cristiana e signora dei profumi per eccellenza, le cui essenze sono tra le più richieste in Italia e all'estero da più di venti anni. "Ho sempre pensato -spiega a Labitalia- che nell'esistenza umana uno dei cardini fondamentali sia il lavoro. E se si ha la fortuna di fare un lavoro che ci piace, allora lo dobbiamo interpretare come fosse un dono".

"Avere la grazia -fa notare Laura Tonatto- di svolgere una professione che piace ci impone di farlo con rigore, correttezza e lealtà. Ad esempio, ho sempre lavorato fino a tardissima notte per portare a termine un lavoro che dovevo fare. Questo, ovviamente, non significa essere cristiani piuttosto che musulmani. Non penso, infatti, che i cattolici lavorino più dei buddisti. Nella religione, in generale, c'è il concetto di morale nei gesti, nel pensiero e nella correttezza nella vita di tutti i giorni e, quindi, anche nel lavoro". Al di là della religione di appartenza, dice a Labitalia il sociologo Enrico Finzi, "il modo di vivere la religione influisce sulla conduzione aziendale". "La distinzione chiave -fa notare- non riguarda i tipi di religione, ma il modo di viverla: se fondamentalista o no. Da una ricerca antropologica emerge che una visione religiosa integralista, che mette l'imprenditore in una posizione convinta della propria verità, porta a considerare gli altri, dipendenti o collaboratori che siano, potenziali nemici. Una minaccia, questa, che si traduce in intolleranza".

"Per questo -ammette- qualsiasi tipo di religione vissuta in maniera integralista è dannosa per l'impresa, perchè una visione fondamentalista porta inevitabilmente alla discriminazione". "Al contrario -osserva Enrico Finzi- una fede, anche se vissuta in modo intenso, ha delle conseguenze prevalentemente positive; perchè un approccio religioso da un valore etico all'impresa e, quindi, crea un'atmosfera serena nell'organizzazione imprenditoriale".

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