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Iran: da Picasso a Warhol, in un sotterraneo il tesoro proibito dello shah/Aki

21 maggio 2015 | 18.24
LETTURA: 5 minuti

Centinaia di capolavori collezionati da Farah Diba e messi sotto chiave dai rivoluzionari del 1979 su ordine di Khomeini. Dopo 35 anni, si valuta un ritorno alla luce di quella che viene considerata la più grande collezione di arte occidentale fuori dall'Occidente

Dal sito del Museo di arte contemporanea di Teheran
Dal sito del Museo di arte contemporanea di Teheran

Andy Warhol, Pablo Picasso, Roy Lichtenstain, ma anche Francis Bacon, Jackson Pollock, Edgar Degas, Mary Cassatt e tanti, tanti altri. La collezione forse più ricca al mondo di arte moderna e contemporanea è custodita in uno scantinato e non è visibile al pubblico. Siamo a Teheran, nei depositi sotto al Museo di Arte contemporanea. I pannelli disposti a libro lungo le pareti ricordano quelli per la vendita dei poster nei bookshop. Ma le opere che contengono sono tutte originali.

Fai scorrere un pannello e appare 'Il pittore e la modella', dipinto da Picasso nel 1927. Ne tiri fuori un altro e trovi l'esplosione di rosso, giallo e nero di 'Mural on Indian red ground', del 1950, dipinto che segnò un'evoluzione fondamentale nell'arte di Pollock. Il suo valore stimato si aggira intorno ai 250 milioni di dollari. "Non credo che in Europa esista un museo di arte contemporanea con una collezione ricca come questa", dicono ad Aki-Adnkronos International fonti diplomatiche che di recente hanno avuto l'opportunità di visitare i sotterranei del museo di Teheran.

"E' una collezione straordinaria, che fa invidia alla Tate Modern di Londra o alle gallerie più importanti di New York - sostengono le fonti - Senza dubbio è la più grande collezione di arte occidentale fuori dall'Occidente". Le centinaia di opere d'arte sono state collezionate negli anni Sessanta e Settanta da Farah Diba, moglie di Mohammad Reza Pahlavi, l'ultimo shah. Erano gli anni in cui la Persia voleva esibire il suo spirito liberale e la sua apertura alle ultime tendenze artistiche occidentali.

In quegli anni, Andy Warhol in persona si trasferì per un periodo a Teheran, facendone una scena artistica molto glamour. L'inventore della pop-art dipinse anche un ritratto di Farah Diba. Tra il 1977 e il 1979 la ricchissima collezione della moglie dello shah fu esposta al museo di Teheran, disegnato dall'archistar Kamran Diba, cugino di Farah Diba. Ma poi, nel 1979, arrivò la Rivoluzione Islamica dell'Imam Khomeini, che cancellò la monarchia e tutti i suoi simboli.

Lo Shah e la sua famiglia abbandonarono l'Iran, lasciandosi alle spalle la straordinaria collezione. Una collezione 'eretica' per la nuova classe politica islamica, un simbolo di una monarchia asservita politicamente e culturalmente all'Occidente, che aveva sperperato le ricchezze del paese per circondarsi di lusso. Bisognava quindi disfarsene.

La dottrina sciita dell'Islam, al contrario di quella sunnita, è tollerante nei confronti della rappresentazione figurativa dell'essere umano, quindi lo sciita Khomeini e i suoi seguaci non ritennero necessario distruggere le opere. Solo il ritratto di Farah Diba eseguito da Andy Warhol fu distrutto durante la rivoluzione. Un nudo di Willem De Kooning fu venduto dalle autorità post-rivoluzionarie. Tutto il resto fu messo sotto chiave e la situazione non è cambiata, dopo 35 anni. Nel giardino del museo fanno ancora mostra di sé alcune sculture, come una 'Sfera' di Arnaldo Pomodoro da poco restaurata in Italia. Ma le tele dei depositi solo occasionalmente e per brevi periodi sono esposte nel museo.

Tutti sono consapevoli, in Iran, del valore della collezione, che comprende un inestimabile 'Brattata' di Roy Lichtenstein e una statua in bronzo di René Magritte, versione tridimensionale del famosissimo quadro metafisico 'The Therapist'. Il personale del museo custodisce gelosamente il tesoro dei sotterranei, il cui valore stimato supera i cinque miliardi di dollari.

Teheran siede letteralmente su una miniera d'oro, visionabile solo eccezionalmente da pochi ospiti eccellenti. Ma per qualcuno è arrivata l'ora di aprire la cassaforte. Il momento è senza dubbio il migliore, dal 1979 a oggi. Da un lato l'economia nazionale è allo stremo, fiaccata da anni di sanzioni internazionali. Dall'altro, sotto la guida del moderato Hassan Rohani, l'Iran sta dimostrando importanti aperture verso l'Occidente. Mettere a frutto il patrimonio custodito nei sotterranei del museo sarebbe quindi utile e non più così in contrasto con le politiche del governo.

"Si sta cominciando a ragionare su cosa si può fare di questo patrimonio - spiegano le fonti ad Aki - Una delle ipotesi che si prendono in considerazione è quella dei prestiti per le esposizioni all'estero". Un'ipotesi che fa gola a molte gallerie europee, tra le quali anche importanti musei romani, ma che per il momento resta solo una vaga speranza. "Non c'è ancora un progetto - chiariscono le fonti - Si sta ragionando, ma siamo ancora in alto mare". E chissà se alla fine Picasso e Warhol non riescano ad avere la meglio sugli eredi di Khomeini.

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