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Dal '74 ad oggi, la metamorfosi del divorzio

11 maggio 2017 | 12.00
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(foto Adnkronos)
(foto Adnkronos)

Era il 1° dicembre 1970 quando, dopo una lunga battaglia sostenuta da radicali e laici, entrò in vigore in Italia la legge sul divorzio. Messa a punto dai deputati Loris Fortuna (socialista) e Antonio Baslini (liberale), la nuova norma prevedeva la possibilità di chiedere il divorzio dopo cinque anni dalla sentenza di avvenuta separazione. Ben presto però, su pressione di Democrazia Cristiana e Vaticano, il testo di legge tornò in discussione con una consultazione popolare destinata a rivoluzionare il contesto sociale e culturale italiano.

Il 12 maggio 1974 i cittadini vennero chiamati per confermare o abolire il provvedimento attraverso il primo referendum abrogativo della storia repubblicana. E proprio qui avvenne il cambiamento epocale: con il voto favorevole del 59,3% degli italiani la legge sul divorzio passò definitivamente con qualche correttivo. L'affluenza alle urne fu talmente alta che, dopo quello indetto per scegliere tra Repubblica e monarchia, quando il 2 giugno del 1946 andarono a votare l'89,08% degli aventi diritto, il referendum sul divorzio continua a detenere il record con l'87,7%.

Nel tempo l'istituto del divorzio ha subito numerose modifiche. Tra le principali l'introduzione del divorzio breve, approvato nell'aprile 2015, che riduce i tempi della separazione (dal 1987, almeno 3 anni). Il termine è sceso a 12 mesi per la separazione giudiziale e a 6 mesi per la consensuale, indipendentemente dalla presenza o meno di figli. L'ultima novità introdotta, tramite una recente sentenza della Cassazione, riguarda invece l'assegno divorzile: non conta più il tenore di vita goduto nel corso delle nozze ma il criterio dell'indipendenza o autosufficienza economica dell'ex coniuge che lo richiede.

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