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Dal Camerun a Modena, la storia di Pierick Njila

06 novembre 2018 | 15.12
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Pierick Njila
Pierick Njila

"La vera sfida è l'integrazione". Senza, non c'è vera accoglienza. Mancano tre giorni al Festival della Migrazione in programma a Modena da venerdì a domenica, promosso dalla fondazione Migrantes della Cei. Dell'iniziativa, della sfida delle migrazioni e della sua storia personale di successo parla con Aki - AdnKronos International Pierick Njila, originario del Camerun e responsabile amministrativo dell'associazione Porta Aperta, tra i partecipanti al festival.

I migranti "non sono solo un problema, non sono un capitolo del problema sicurezza, ma anche una risorsa a tutti gli effetti": è questo il "messaggio" che Njila crede fortemente vada veicolato. "Tutti noi - dice - siamo forestieri su questa terra, tutti dovremmo tendere alla misericordia". Ed è "fondamentale", evidenzia, "porre il migrante al centro del dibattito, non per fare polemiche, ma per affrontare la questione a 360 gradi".

Njila - 34 anni, gli ultimi 14 in Italia - non fa che ripetere il suo "grande apprezzamento" per il Festival: "La cittadinanza modenese, ma anche italiana, sta pian piano scoprendo aspetti dell'immigrazione che finora non si erano colti", dice con toni tanto pacati quanto positivi, pronto a "rendersi disponibile" perché "siamo anche noi in quanto immigranti a doverci mettere in gioco, a farci conoscere, a far scoprire gli aspetti positivi del dare e del ricevere".

Ed ecco che si palesa la sfida: l'integrazione ovvero, dice Njila, "fare una cosa sola di due culture, di due popoli, di due orizzonti". "Secondo me - insiste - è questa la vera sfida, integrare persone che non siano cittadini di serie B, forestieri per sempre, ma pienamente cittadini". Qual è la ricetta? "Molto umilmente - dice - chi arriva deve avere il desiderio di apprendere la cultura del Paese ospitante, chi accoglie deve mettersi a disposizione di chi arriva fornendo gli strumenti per potersi integrare. Questo, se è necessario, significa anche sviluppare piani di integrazione, significa pensare dal punto di vista politico a un piano a livello nazionale che venga rispettato in tutte le regioni".

Intanto Porta Aperta ci mette il suo: è un'associazione di volontariato di ispirazione cristiana che quest'anno festeggia i 40 anni. Si occupa di promozione umana e sociale, di accoglienza ai richiedenti asilo, servizi alla persona e prevenzione del disagio e dell'emarginazione. In un certo senso la storia di Njila non poteva che passare da qui. "Non sono nato in una famiglia benestante, ma i nostri genitori con i loro grandi sacrifici hanno sempre cercato di farci credere che non eravamo poveri", racconta, snocciolando anno dopo anno la sua storia, dalla maturità classica, al corso di italiano a Yaoundé, fino al sogno realizzato di raggiungere l'Europa.

La preiscrizione all'università di Modena, il visto in tasca e l'arrivo in Italia nel settembre del 2004. Gli studi in Economia, il master, l'esperienza iniziata nel 2005 a Porta Aperta e il matrimonio, tre anni dopo, con una connazionale conosciuta dietro ai banchi dell'università a Reggio Emilia. La cittadinanza italiana ottenuta lo scorso aprile. Njila racconta la sua storia tutta d'un fiato, ripete il suo "grazie a Dio" e "grazie all'Italia", anche quando racconta per esperienza vissuta con il secondo dei suoi tre figli "della grande professionalità e umanità del reparto di Neonatologia del Policlinico di Modena".

La terza edizione del Festival della Migrazione sta per aprire i battenti. Lo slogan scelto è "Umani al 100%". Njila intanto inizia a pensare di fare i bagagli per Parigi. Un nuovo lavoro lo attende. "Non è un addio all'Italia - assicura - Darò seguito a quello che ho ricevuto. Semplicemente, mi sento parte del sistema Italia".

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