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Alimenti: Efsa, dati insufficienti su presenza e tossicità micro-nano plastiche

30 giugno 2016 | 14.29
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(Fotogramma)
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"L'Efsa ha esaminato in modo esaustivo la letteratura esistente in argomento, rilevando l'insufficienza dei dati relativi alla presenza, alla tossicità e al destino, ossia che cosa accade dopo la digestione, di tali materiali ai fini di una valutazione completa del rischio e rivelando che le nanoplastiche richiedono un'attenzione particolare". Così Peter Hollman, membro del team che ha assistito il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (Contam) dell'Efsa nella redazione della dichiarazione sulla presenza di particelle di microplastica e nanoplastica negli alimenti (dichiarazione richiesta dall'Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi).

A fronte, infatti, di un interesse globale per l'impatto dei rifiuti di plastica presenti nei mari e nei corsi d'acqua, "l'Efsa - si legge sul sito dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare - ha compiuto un primo passo verso una futura valutazione dei potenziali rischi per i consumatori derivanti dalla presenza di microplastiche e nanoplastiche negli alimenti, in particolare nei frutti di mare".

"L'esame - spiega il ricercatore capo presso l'istituto di ricerca Rikilt, nonché professore associato di nutrizione e salute presso l'Università di Wageningen nei Paesi Bassi - ha consentito all'Efsa di fare il punto sugli sviluppi scientifici in questo ambito, di individuare lacune in termini di dati e di conoscenze e di formulare raccomandazioni sulle priorità di ricerca per il futuro allo scopo di affrontarle".

"L'uso sempre più intenso della plastica nel mondo ha causato la formazione negli oceani di ampie aree di rifiuti di plastica galleggianti, la cosiddetta 'zuppa di plastica'. Sono state osservate aree grandi quanto la Francia. Questi rifiuti di plastica galleggianti si stanno frammentando gradualmente in particelle più piccole, che alla fine diventano microplastiche e persino nanoplastiche. Si tratta di pellet, fiocchi, sferoidi e anche granelli sintetizzati in queste dimensioni", spiega l'esperto.

Quanto alla presenza negli alimenti, Hollman chiarisce che "non esistono dati sulla presenza di nanoplastiche negli alimenti, ma vi sono alcune informazioni sulle microplastiche, in particolare per l'ambiente marino. Si registrano elevate concentrazioni nei pesci, ma poiché le microplastiche sono presenti per lo più nello stomaco e nell'intestino, che di solito vengono eliminati, i consumatori non ne risultano esposti. Tuttavia, nel caso dei crostacei e dei molluschi bivalvi, come le ostriche e le cozze, il tratto digestivo viene consumato, per cui si ha una certa esposizione. Ne è stata riferita la presenza anche nel miele, nella birra e nel sale da tavola".

Per quanto riguarda potenziali effetti nocivi sui consumatori, secondo il ricercatore, "è troppo presto per dirlo, ma sembra improbabile, almeno per le microplastiche. Una potenziale preoccupazione riguarda le elevate concentrazioni di agenti inquinanti quali i policlorobifenili (Pcb) e gli idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), che possono accumularsi nelle microplastiche. Potrebbero anche esserci residui di composti utilizzati negli imballaggi, come il bisfenolo A (BPA). Alcuni studi indicano che le microplastiche, dopo il consumo negli alimenti, possono trasferirsi nei tessuti. È quindi importante stimare l'assunzione media. Sappiamo che le nanoparticelle di sintesi (da diversi tipi di nanomateriali) possono penetrare nelle cellule umane, con potenziali conseguenze per la salute. Ma sono indispensabili ulteriori ricerche e maggiori dati".

Dati limitati anche per quanto riguarda l'assunzione. Hollman spiega che non ci sono stime per le nanoplastiche, "ma con i dati limitati a disposizione l'Efsa ha stimato che una porzione di cozze (225g) potrebbe contenere sette microgrammi di microplastica. Se anche tale quantità di materiale contenesse le massime concentrazioni mai misurate di Pcb o di Bpa, ad esempio, contribuirebbe in misura modesta all'esposizione generale a queste sostanze: aumenterebbe l'esposizione ai Pcb in misura inferiore allo 0,01% o l'esposizione al Bpa di meno del 2%. Si tratta comunque dello scenario più pessimistico".

Da qui la necessità di approfondimenti. "La ricerca dovrebbe produrre dati sulla presenza di microplastiche e specialmente di nanoplastiche negli alimenti, sul loro destino nel tratto gastrointestinale e sulla loro tossicità. Sono necessarie in modo particolare maggiori conoscenze in materia di tossicità delle nanoplastiche, perché queste particelle possono penetrare in tutti i tipi di tessuti per poi finire nelle cellule. La 'dichiarazione' (dell'Efsa, ndr) propone inoltre metodi analitici standardizzati per contribuire al monitoraggio".

L'Efsa definisce microplastiche le particelle di dimensioni comprese tra 0,1 e 5000 micrometri (µm), o 5 millimetri, per dare un'idea. Le nanoplastiche misurano da 0,001 a 0,1 µm (ossia da 1 a 100 nanometri).

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