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Caso Moro: da diretta Frajese a video 3D agguato via Fani, 37 anni di misteri/Adnkronos

12 giugno 2015 | 15.13
LETTURA: 3 minuti

La Commissione parlamentare di inchiesta sul delitto Moro rende noti i primi risultati del lavoro della scientifica

di Francesco Saita

di Francesco Saita

Alle 9.10 della mattina di giovedì 16 marzo del 1978, le Br colpirono il cuore dello Stato in via Fani, zona nord di Roma: cinque uomini della scorta del Presidente della Dc, Aldo Moro, furono trucidati, mentre lo statista fu rapito, per essere 'processato' nel carcere del popolo e poi ucciso il 9 maggio, dopo 55 giorni di prigionia. Gli italiani appresero della strage e del rapimento da Bruno Vespa, che, nell'edizione straordinaria del Tg1 delle 9.45, lanciò il servizio di Paolo Frajese, inviato a via Fani.

Una cronaca concitata e drammatica, di pochi minuti, che ora è stata 'lavorata', insieme a tutto ciò che resta di foto, filmati e documenti del tempo, dagli uomini della Polizia scientifica e della Digos che hanno, a 37 anni di distanza da quella tragica giornata, ricostruito in 3D la scena del crimine, utilizzando le nuove tecnologie, per provare a chiarire i tanti dubbi che negli anni sono emersi sulla reale dinamica dell'agguato.

Prima colpi singoli, poi raffiche contro il corteo di Moro

Un lavoro accurato, commissionato dalla Commissione Parlamentare di inchiesta, guidata da Beppe Fioroni, che ha visto gli esperti della scientifica al lavoro sulle auto di Moro, della scorta e dei Br, sui bossoli e sulle testimonianze di chi si trovava nel luogo del rapimento. Scansioni laser sono poi state fatte proprio a via Fani, e il tutto è stato 'renderizzato', per arrivare ad alcuni punti fermi: quanti colpi furono esplosi? Quante persone fecero fuoco? Domande che, negli anni, hanno avuto risposte diverse e contraddittorie, da quelle dei brigatisti ("siamo stati solo noi"), a quelle dei testimoni ("C'era una Honda con due a bordo"), a quelle delle perizie del tempo, con il fuoco che non si capisce se sia stato incrociato o solo da un lato del corteo delle vetture.

Tra i punti fermi raggiunti da questa nuova fase del lavoro, il fatto che chi sparò prima esplose colpi singoli, poi fece ricorso a raffiche di armi automatiche. Probabilmente i primi spari furono esplosi per fermare le due auto, poi vennero colpiti i cinque agenti di scorta.

In quattro nel gruppo di fuoco

Quattro sarebbero i componenti del gruppo di fuoco,"anche se si può avere la certezza, dai riscontri, di solo tre punti di fuoco; tuttavia questo non è in contraddizione evidente, in quanto uno dei quattro risulterebbe aver esploso solamente tre colpi, per cui di difficile collocazione nell’analisi delle traiettorie".

Infine "la distribuzione dei bossoli del FNA-I (pistola mitragliatrice, ndr) che ha colpito la Fiat 130, 11 sul lato destro, può essere spiegata con un cambio di movimenti degli attentatori, con le azioni di chi ha poi partecipato al sopralluogo e con rimbalzi dei bossoli sul parabrezza dell’Alfetta", come a dire che chi sparò furono sempre gli stessi terroristi, muovendosi intorno alle due auto, escludendo, almeno in base a questa ricostruzione, la presenza di altri (servizi? criminalità comune?) a dare un supporto militare ai brigatisti.

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