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Cina: tutte le riforme che ancora attendono il Dragone/Adnkronos

14 agosto 2015 | 18.57
LETTURA: 5 minuti

Colloquio con Giancarlo Coro' (Ca' Foscari), svalutazione yuan ha solo ritardato 'redde rationem'

(FILES) This file picture taken on September 24, 2013 shows Chinese 100-yuan (RMB) bank notes being counted at a bank in Huaibei, in eastern China's Anhui province. China's central bank on August 11, 2015 devalued its yuan currency by nearly two percent against the US dollar, as authorities seek to push market reforms and boost the world's second-largest economy. CHINA OUT AFP PHOTO / FILES - AFP
(FILES) This file picture taken on September 24, 2013 shows Chinese 100-yuan (RMB) bank notes being counted at a bank in Huaibei, in eastern China's Anhui province. China's central bank on August 11, 2015 devalued its yuan currency by nearly two percent against the US dollar, as authorities seek to push market reforms and boost the world's second-largest economy. CHINA OUT AFP PHOTO / FILES - AFP

Gli economisti dello sviluppo la chiamano la trappola del reddito medio. Facile crescere quando si è sottosviluppati, un po' meno passare da un'economia emergente a una matura. Con la svalutazione dello yuan la Cina ha compiuto una mossa duplice: proverà a rilanciare un'economia in affaticamento ma, allo stesso tempo, tenterà così di "dilatare i tempi delle riforme interne" puntando nuovamente su uno sviluppo guidato dall'export. Dall'ambiente alle libertà politiche e civili, "è tempo ormai di un redde rationem" per la seconda potenza mondiale.

Convinto di questa tesi è Giancarlo Corò, docente e direttore della Scuola in economia, lingue e imprenditorialità per gli Scambi internazionali dell'Università Ca' Foscari di Venezia. La Cina, finora, è stata "un elemento di stabilità nel mondo, ma bisogna chiedersi - dice all'Adnkronos - fino a che punto un'economia possa crescere oltre un certo livello senza dare libertà agli individui che la popolano, e questo non è un problema teorico ma molto pratico".

L'incidente di Tianjin, nel nord della Cina, con 50 morti e centinaia di feriti per potenti esplosioni sviluppatesi in un deposito di sostanze chimiche, "rende evidente un problema serissimo sul piano della sicurezza". Secondo il professore, "sono necessari investimenti che vadano nel senso della sicurezza e non più della produzione". L'inquinamento che, ad esempio, chiude come una cappa la città di Pechino fa sì che "i costi dei manager siano altissimi". Nessun quadro, insomma, va lavorare nella capitale della Cina senza un 'bonus' per la qualità irrespirabile dell'aria.

Urgenti sono anche le questioni relative al sistema pensionistico e a quello finanziario, "il primo debole e il secondo ancora molto opaco, cosa che comporta il rischio che si creino bolle molto simili a quella scaturita dai mutui subprime" negli Usa. La debolezza del sistema pensionistico e di quello sanitario, invece, "fa sì che le famiglie continuino a risparmiare con finalità assicurative e, così facendo, riducano la loro propensione al consumo".

E certo la svalutazione dello yuan non potrà aiutarle. Le famiglie cinesi, ribadisce Corò, "non consumano per mettere da parte i soldi per la pensione". C'è anche un altro motivo meno conosciuto all'origine della debolezza dei consumi privati. Si tratta del forte squilibrio di genere come risultato della politica del figlio unico, che ha avuto alla fine effetti macro-economici. "Con un 60% di uomini e un 40% di donne si è creata una sorta di concorrenza nel mondo maschile per risparmiare e mostrare la 'dote migliore' nella competizione per la ricerca di una moglie".

Con un'economia da 11mila mld di dollari "questi diventano problemi rilevanti", sottolinea il docente. La riforma più importante è, tuttavia, quella delle libertà politiche e civili che la Cina non può più ritardare: "C'è una classe dirigente che rivendica più voce e non riesce ad ottenerla in un sistema politico con un unico partito". Temi che escono dalla stretta sfera economica, ma che in qualche modo la influenzano.

Lo "straordinario successo economico della Cina", che vent'anni fa aveva 800 milioni di persone sotto la soglia della povertà assoluta ed è riuscita ad affrancarle dalla fame e dall'indigenza può essere giunto a un punto di non ritorno. Un'economia più matura "necessita di istituzioni di natura più inclusiva: devono - spiega sempre il docente dell'Università Ca'Foscari - portare al loro interno persone con idee e progetti nuovi, aprire a libertà ora assenti".

L'inattesa svalutazione della moneta cinesa potrà avere effetti positivi sul resto delle economie mondiali. Secondo Corò, "in questi giorni si è un po' drammatizzato lo scenario". L'Italia, infatti, "esporta in Cina per lo più beni di lusso e di meccanica sofisticata, che sono prodotti poco elastici alla variazione del prezzo, non ne risentono". In Germania, invece, "uno dei pochi Paesi ad avere un attivo commerciale con la Cina", potrebbe essere arrivato il momento di rivedere le politiche commerciali, ri-stimolando i consumi interni.

"La Germania si sente sicura di dettare le sue regole di austerità in Europa pensando ai beni che esporta in Cina, ma ora potrebbe risultare più difficile fare affari". Come per il Dragone, anche per l'Europa, quindi, si porrà "con più urgenza" il problema di rilanciare la domanda interna.

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